Perché parlare di Guardia è un casino. Perché dovendo parlare di Guardia, o menti o dici il vero: e in entrambi i casi ne esci male, e a volte dici cose sgradevoli. Puoi dire (mentendo), che Guardia dispone di un grandioso patrimonio culturale e straordinarie bellezze paesaggistiche e architettoniche (il pendant perfetto con il degrado da incuria): ma un sindaco o un assessore o la presidente circolo dell’uncinetto forse può permettersi di non tenere vergogna, se invece ci vivi un minimo di decenza la devi conservare. E quindi dire la verità. “Guardia Sanframondi: un presidio di bellezza…” Ma quale bellezza! Se si continua ad anteporre l’interesse immediato e individuale all’interesse lungimirante e comunitario. Questa visione inerte e innata della bellezza di Guardia è la sua condanna all’usura e al degrado, perché allo stato non è suscettibile di protezione, di promozione e di rigenerazione. Che la bellezza stia lì, non generata, non promossa, ci esonera dalla responsabilità di prendercene cura, salvaguardarla e ripristinarla.
Anche se nessuno ne parla e qualcuno addirittura ancora si ostina ad appellarlo “borgo”, questo paese è fragile e nessuno risponde della sua salute e integrità. Un paese un tempo nobile e oggi vulnerabile, incapace di alzarsi in volo. Avrà pure il primato della valle telesina di bellezze artistiche e paesaggistiche, ma di sicuro Guardia è il paese più fragile, come il nostro carattere. Non siamo toscani o umbri, e nemmeno materani; c’è qualcosa di tenue, di labile, di rinunciatario nella nostra indole. Ci facciamo del male da soli e non c’è bisogno di agenti esterni; il paese è malato di suo ed è corrotto anche in senso fisico. A Guardia i pochi tesori artistici e la storia subiscono sconfitte a opera della natura, dei vandali, dei ladri, dell’incuria, della bruttura, della sua classe politica: gente degradata che ormai non ha più nulla in comune con la civiltà, la storia e la bellezza da cui in apparenza derivano e che in superficie abitano. Sempre alla ricerca di chi li assolva dalle loro responsabilità e dalle loro inefficienze e si assuma la croce della colpa: la regione, la provincia, il cittadino, lo speculatore, o colui che ha investito il paese sulle strisce e poi non l’ha soccorso, dandosi alla fuga…È stato lui, è stato lui… Gente che ha interrotto i ponti con Guardia, i suoi luoghi più caratteristici, la storia, la bellezza e ciò che l’aveva originata. Gente che oggi ci rovina la vita pubblica, inclusa la percezione attiva della bellezza di Guardia. Gente che indugia nell’inadeguatezza perché non presta attenzione alla realtà e non bada alle conseguenze, prende tutto sottogamba e soprattutto perde di vista la ragione e gli obiettivi prefissi in partenza. Non possiamo professarci cultori della bellezza, ambientalisti o tutelare il nostro già scarso patrimonio artistico e architettonico se poi si spezzano quei ponti e si fa del passato solo una passeggiata ecologica fra le rovine e una interminabile cartolina da postare sui social o rappresentare ai pochi visitatori e ai volenterosi alunni delle scuole locali.
Ma è possibile che questo infantilismo tutto guardiese non finisca mai? Guardia invecchia ma non diventa mai adulta. Diventa marcia senza diventare matura. Figli spuri e degeneri di una grande comunità che era portatrice di bellezza e laboriosità. Bisogna amare quel passato per poterne difendere le vestigia, bisogna riconoscere l’energia che lo animava per poterla riattivare e non vivere le sue tracce su una foto d’epoca o come morte rovine…
La bellezza di Guardia non è la crosta né la cresta, ma ne è il cuore, l’anima e la mente. Nella bellezza è l’impronta del paese, o se volete il brand, e il core business. Oggi siamo inondati dalla retorica della grande bellezza di Guardia, ne parlano tutti, dal sindaco all’ultimo fesso. “La bellezza lancerà Guardia nel mondo” è diventata una banalità automatica, che ripetono tutti. Ma nessuno risponde alla domanda conseguente: sì, la bellezza forse salverà Guardia, ma chi salverà a sua volta la bellezza? Il guaio di oggi è che la bellezza sta, invece il brutto avanza, si muove, fa. La bellezza è inerte, passiva, inerme, mentre il brutto avanza, incede, si agita. La bellezza è il più delle volte una rovina, comunque declinata al passato o sperduta nel suo cuore antico, mentre la bruttezza è il resto del paese, è un modo di fare, di intendere e di volere.
Ci sono giornate, a Guardia, in cui serpenti di auto, spettacoli di degrado, brutture disseminate, lasciano l’impressione che l’antico villaggio dei Sanframondo sia sull’orlo della sua scomparsa dopo un’indecorosa agonia. Poi però noti che c’è ancora un’aura indicibile che sovrasta il paesaggio e cancella gli sgorbi, qualcosa che risplende nonostante tutto, nonostante i sindaci, qualcosa che è al riparo dall’usura e dalla decadenza, e che rende la visione vivida e smagliante: è la luce di Guardia, clamorosa, trionfale, che trattiene in sé qualcosa d’indicibile della sua storia e della sua tradizione, in tutte le sue stratificazioni. Qualcosa di glorioso, di antico e puro al tempo stesso, che riesce a restare integro sopra le rovine e il caos. Ma cionondimeno da qualche anno la bellezza di Guardia si è incartata, non sposata con la realtà, e perciò tradita. Oggi il problema di Guardia è trasformare la bellezza da un lascito languido e cadente in un impegno e un’impresa. Non un reperto o una reliquia ma un bene attivo. Mettere in salvo la bellezza per salvare Guardia, mettere in gioco la bellezza per farne una fonte di ricchezza. Certo, non può bastare uno stanziamento regionale, né un sindaco o un assessore, e voi lo sapete bene. È necessario, ma non è sufficiente, una radicale mutazione culturale in questa comunità, un cambiamento diffuso di mentalità, di assetti, di priorità e di paradigmi. Per fronteggiare la decadenza di Guardia occorre lungimiranza, non rassegnarsi e inventare singole strategie di sopravvivenza, antica risorsa e alibi dei guardiesi. Il dramma non è la decadenza in sé, ma la convinzione che sia impensabile uscirne. È quella la spirale da spezzare: la bellezza di Guardia è reale e non solo ideale, il suo rilancio è possibile e non solo pensabile. Rendiamo viva, mobile e parlante la bellezza. Questo sì, sarebbe il miracolo guardiese.