Ritratti guardiesi. La solitudine di un signor Nessuno

Il nome è volutamente omesso. Perché Nessuno di per sé non esiste. È un personaggio onirico, primatista nel galleggiamento autoreferenziale, nel riposizionamento, nel resettaggio, fingendo sempre coerenza; stordito di suggestioni ammuffite nella comunità guardiese profonda e narcolettica, strappato ai peggiori bar di Guardia, a una seggiolina da nominato a qualche cosa; catapultato pro domo sua in un posto strategico e questa non è colpa sua, salvo che il senso di responsabilità avrebbe dovuto sconsigliargli di accettare: ma il senso di responsabilità, specie nelle teste vuote dei narcisi-pseudo-politici che aspirano al potere, è come il coraggio di don Abbondio con ciò che ne consegue e qui la colpa somma è di chi lo ha voluto in nome delle maledette logiche familiari-amicali-clientelari. Si fermò una macchina davanti al Comune, si aprì lo sportello e non scese nessuno. Nessuno è uno di quei rari, preziosi personaggi della Deep Guardia che della persistenza nel vacuo hanno fatto un’arte. Dopato di ideologia e forse di voglia di rivalsa, sempre con uno e un solo programma in testa: sé stesso. Questa era la sua occasione. Altre catastrofi in arrivo, garantito. Uno scenario da Comunità tribale. Ma chi rappresenta oggi questo personaggio con chitarra a tracolla – fa molto rockstar perché è uno tutt’altro che sprovveduto, e che all’apparenza sa dire cose anche di buon senso. Apparentemente, appunto. Poi, all’atto pratico, è un altro paio di maniche -, che credeva di esistere? Il guardiese no, in passato gli ha dato il vento e una spruzzata di Falanghina, certo, del resto non esiste già più, ha fatto il vento l’Usurpatore, il socio occulto con cui si scambia chiacchiere lontano dal bancone del bar. Verde fuori profondo rosso dentro. Cresciuto all’ombra del tendone da circo democratico. Forte di un radioso avvenire dietro le spalle (si va dove c’è posto, l’importante è durare), dopo una vita da candidato, a tutto, dappertutto, lascio e non lascio, e mollo e non mollo, e tengo e non tengo, e faccio il progressista però non è detto, e adesso facciamo i conti, e domani mi sentono: ma chi te sente? Sotto sotto non lo caga nessuno; si parla di una clamorosa associanza enologica, e dietro ci intuisci sempre la solita sagoma dell’Usurpatore, quello che non mangia per somigliare all’Umberto. Dai mò, bimbo bello: avevi scoperto che comandare è meglio che fottere, passavi da un brindisi all’altro, indulgevi in convegni sciccosi officiati dall’amico winemaker journalist, facevi i selfie con la gente che conta fingendo di perculare l’Usurpatore, mentivi a bomba, “con noi il paese è cambiato (in peggio)”, non sapevi dove sbattere la testa e la facevi sbattere a noi. Il Nulla non si improvvisa, ci vuole esperienza, serietà, costanza, acume. D’accordo, il guardiese è un esemplare incline alla dimenticanza, ma chi scrive no: il decennio appena trascorso fu roba da sciagurati radical chic, la miserabile strategia dell’io, tutta ricchi premi e cotillons, salite di scale e processioni devozionali, sfascio ulteriore della moralità, psicosi e distruzione delle dignità, delle attività, della società, fu tutta roba fine, supportata dalla “crème de la crème” al completo, eseguita dall’Usurpatore. Il nostro signor Nessuno, socio occulto dell’Usurpatore, istituzionalmente scemo e più scemo, il competente, di cosa si è capito presto, ma sarebbe stato meglio subito, dice che l’ha ereditata, di sicuro continuata e perfezionata. Il risultato è di una continuità nel fallimento. Quindi no, non ci fa tenerezza e nemmeno pena (così come non ce la farà, domani): la sua tragedia è solo una piccola parte di quello che merita; e con lui i protetti, gli “Amici” e compagnia cantante. Quindi no, il signor Nessuno non fa ridere, anche se il suo prossimo affondare è catartico. Lui – e coloro che (a chiacchiere) volevano cambiare il mondo – per questo disgraziato paese è soltanto il principio di questa fine che non finisce mai, è l’ignoranza totale messa al vertice nella complicità imperdonabile dei cittadini. Tutto il resto ne è disceso, e questa comunità non finirà di scontare la rovina originata da questi oscuri personaggetti di paese, guappi di cartone, che credevano di esistere. E che, a sentirsi definire per quello che sono fanno gli offesi, e nel loro oscillare, nel loro non rispondere patetico alle giuste critiche confermano, oltrepassano i giudizi più umilianti e più spietati.

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