Guardia Sanframondi: “L’anno che ha spiazzato tutti”

Chi l’avrebbe mai detto, all’inizio dell’anno, che il 2020 sarebbe stato un anno così. Chi avrebbe mai pensato a una pandemia, a essere costretti a restare chiusi in casa per quasi due mesi, a non poter lavorare per un intero anno. Buttandola in politica, chi avrebbe mai pensato di questi tempi a un cambio di amministrazione a Guardia, a Floriano primo dei “non eletti”, al “ritorno” di Umberto nell’agone politico. Chi avrebbe mai previsto l’esito, e soprattutto l’alleanza tra cani e gatti. Chi avrebbe mai pensato a Raffaele (per gli amici Papillon) alla guida della comunità… E a chi alla fine di settembre è passato dal nulla al “Comune”, dal selfie al comando. Il 2020 è stato l’anno che ha spiazzato tutti a Guardia, anche coloro che volevano questa svolta. È stato l’anno del cambiamento, non del paese, né della sostanza delle cose, nemmeno le facce, non è cambiato nemmeno il verso di Guardia, per dirla col linguaggio di un ex sindaco caduto sotto un plebiscito di antipatia. Non è cambiato nemmeno il politicamente corretto, la politica-politicante e il soffocante menefreghismo popolare. Nonostante gli aruspici, e checché se ne dica nei bar ancora aperti, la verginità non è andata al potere. Non è andata al potere l’assenza di precedenti, di curriculum e di esperienza, che in una comunità come Guardia dovrebbe contare come una virtù anziché un difetto. Non è vergine il primo cittadino, che è stato concepito senza passare da alcun confronto, in una specie di Immacolata Concezione che è un miracolo per alcuni ma un mezzo miracolo per chi immaginava un cambiamento fondato sulla freschezza. Non è vergine Amedeo, che però ancora si muove con padronanza. Non sono vergini le nuove leve, rimaste però novizie nel loro ruolo di ragazzi e ragazze della Nutella. In questi mesi si sono visti pochi cambiamenti. Poca ciccia. Gli atti più significativi, finora, sono stati simbolici. E in buona parte non sono stati a favore dei più ma contro alcuni elevati a bersaglio. Non si può del resto pretendere di quadrare il cerchio e pure il triangolo in soli cento giorni. Un miracolo triplo così non saprebbe farlo neanche Gesùcristo. E i giovani? Evviva, i ragazzi di Guardia scoprono la politica, l’impegno civile, il gusto del consenso, era il grido che echeggiava dal ballatoio di piazza Castello. Che fine hanno fatto? Da ben oltre un decennio l’onda lunga dei giovani guardiesi è stata salutata da un boato di speranza e di sostegno con una sfilata di sponsor. Esaltati come un fenomeno spontaneo, genuino, dietetico, salvifico. Che gioia l’avvento del figliol prodigo, la gioventù ritrovata. Da troppo tempo latitante dalla politica strapaesana, eccola che nel 2020 si fa largo. La sola osservazione è sulla loro consistenza. Sul loro modo di fare cornice agli “anta”. L’incapacità di separarsi dal coro, perché se dicono, sanno solo ripetere le loro banalità, con l’attenuante dell’inesperienza e il candore dell’estraneità. Non una critica, sia chiaro. Delusione, questo, sì. Amarezza, tanta. Leggi il loro “manifesto” – esposto immancabilmente sui social – e non trovi nulla che giustifichi qualcosa di più di una rappresentazione sbiadita. È vero, ciò nonostante, in tempo di pandemia, c’è stato il Natale, ci sono le luci, ci sono i bambini, c’è la solidarietà. Ma non ci sono idee, non ci sono ragionamenti, non ci sono programmi, niente. E intorno a loro c’è solo una residua simbologia venuta dal passato. È questo il cambiamento? A parte questi dubbi, alla fine fa piacere che a Guardia ci siano dei ragazzi che si impegnano sul piano civile e politico, non dirò che si espongono perché non hanno da rischiare più che non abbiano da trarre vantaggi. Ma il dubbio che resta è: dureranno? Naturalmente tutto ciò non è un buon argomento da ultimo dell’anno. Avremo tempo e modo per riparlarne. Meglio allora pensare agli auguri su WhatsApp, non fanno male a nessuno e restano un modo frivolo per passare una mezza orata, alla festosa guerra contro ignoti che ci aspetta tra qualche ora – in nome di un esserino di passaggio che tutti speravamo durasse lo spazio di un momento -, nel varcare il confine tra due paesi immaginari denominati Annovecchio e Annonuovo. Brindiamo al Capodanno che, lo dice la parola, è a capo del danno chiamato tempo-che-passa. Consoliamoci così ora che siamo carcerati. Buon 2021 (nonostante tutto).

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