Capisco e condivido lo sconcerto di Angela Garofano. Anche se a Guardia casi come quello delle sue dimissioni dalla carica di assessore non servono a niente se non a distogliere l’attenzione dei guardiesi dai problemi veri. Soprattutto quando a brandire quest’arma di distrazione di massa è la stessa politica inconcludente e incapace, cioè proprio chi quei problemi dovrebbe risolverli ma che evidentemente trova più comodo buttarla in caciara. Ma credo tuttavia che parlare di certe “cazzate” serva a capire chi siano davvero le “grandi menti” che negli anni hanno amministrato e amministrano questa comunità, ci dica parecchio sul loro grado di preparazione, visto che sono anche i miseri dettagli come questo delle dimissioni a fare la differenza, e spesso anche a definire la qualità di una persona. Checché se ne dica, la situazione politica a Guardia non è quella descritta oggi sulla stampa dal buon Caporaso, ovvero di una “resa dei conti” di scrittura provinciale tra un sindaco mastelliano e una squadra di “destra”. No! La questione è e resta solo ed esclusivamente locale. Perché a Guardia le cose non succedono da sole, hanno un perché, una storia. E la storia la fanno gli uomini e le donne. E alla fine, è sempre la somma che fa il totale, come diceva un grande Totò. C’entra semmai con il mettersi ipocritamente in buona luce nella speranza furbetta di un ritorno sotto forma di favori o privilegi. C’entra l’inadeguatezza di personaggi palesemente incapaci ad amministrare una comunità complicata come Guardia. Gente più impegnata a farsi i dispetti che ad amministrare. Gente a cui basta un po’ di potere e diventano come tutti gli altri; solo un po’ più incompetenti. C’entra la mancanza di fondi, l’incertezza sul Pnrr, i problemi che si trascinano da decenni, la preparazione dei prossimi Riti settennali, il malumore non più clandestino dei cittadini. C’entra tutto ciò. E c’entra soprattutto l’ego dei protagonisti politici sulla scena guardiese. Persone che da almeno trent’anni si aggirano imbottiti di tritolo per il Palazzo comunale e gli anfratti della politica provinciale. I loro nomi li conosciamo tutti. Gente che ha vissuto anni di vanagloria e poi d’infamia e non si rassegna ad avere un passato alle spalle e di essere considerato un ex. E che grazie alla loro capacità di ottenere consenso, col tempo tramutato nella capacità di nuocere alla propria comunità, e fedeli al motto di Jep Gambardella nella Grande Bellezza, usano il loro potere per far fallire le feste. C’entra che a Guardia siamo fermi al punto che si deve a persone come loro il decennio di Floriano Panza al Municipio, il martirio di Amedeo Ceniccola, e il patto clandestino con l’attuale minoranza. Il sindaco, in fondo, è inutile negarlo, sta lì perché Floriano Panza lo ha aiutato ad attraversare la strada fino al Municipio. Del resto l’ex sindaco in caso di ritorno alle urne è (purtroppo) ancora la carta a sorpresa che può riaprire i giochi e rimescolare il mazzo. È vero, tre anni fa finiva il panzismo. Lui però resta ancora, i suoi “tifosi” pure. È questo il vero dramma per Guardia. Ed è per questo che dalle parti del Municipio la gente vorrebbe sentire ragionamenti politici adulti, realistici, per spiegare le scelte e i compromessi, senza i trucchi ipocriti e gli appelli retorici all’unità, alla trasparenza, così violentemente violati e calpestati in questi tre anni. I Riti si avvicinano e gli occhi del mondo saranno puntati su Guardia. Per favore, non fateci ridere in piena tragedia.
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Le dimissioni, l’Arco di trionfo e i guappi di cartone