In paese
A pensare ai tradimenti amicali
Alle incomprensioni degli altri
In paese
A vedere ammalati i miei
che mi domandano perché sono rimasto qui.
In paese
A domandarmi che ci faccio qui
In paese
A pensare alle trappole che mi sono teso.
In paese
A pregustare il dolore delle nuove trappole
che sto costruendo
In paese
A notare che tutti se ne sono andati.
Anche quelli che volevano restare
In paese
A fare l’elenco degli assenti e del tempo perso.
In paese
A pensare alle occasioni mancate,
ai viaggi non fatti,
ai luoghi non visti.
In paese
A meditare sull’inutilità di tutto.
In paese
Dove tutto è uguale
A constatare che niente è più come prima
In paese
A sognare le ultime occasioni
Da non bruciare
In paese
A custodire le memorie degli altri
Io che proclamavo gli oblii
In paese
Io il non paesano
A ricordare i paesani che se ne sono andati
In paese
A lamentare i modi paesani
A individui contenti di essere paesani
In paese
A predicare altre esperienze
A persone estranee.
(Vito Teti, Diario, 17 luglio 1991)
Molto bella. Ma in questo paese ha senso mettere radici che crescono solo verticalmente? Mentre sarebbe più giusto che dopo l’attecchimento iniziassero a diffondersi anche in modo orizzontale. Ha senso questo questo grido di dolore per Guardia e i Guardiesi?