“Il Governo si è orientato a mantenere l’obbligo della mascherina fino a metà giugno. Per quel che ci riguarda in Campania manteniamo la mascherina anche dopo metà giugno, sempre.” Lo ha detto Vincenzo De Luca, dominus indiscusso del regime di salute pubblica in Campania, nel corso dello show social del venerdì.
Come riassumere in una sola immagine, in un solo pensiero, quasi in un epitaffio per le nuove generazioni il senso di queste parole, il senso del periodo trascorso sotto la pandemia?
Mentre l’Italia si appresta a compiere un faticosissimo passo verso il ritorno alla normalità, evidentemente per lo sceriffo di Salerno non è bastata la cappa protettiva e oppressiva calata su di noi per difenderci dalla pandemia, divenuta il nuovo spartiacque della nostra epoca. Che ci è costata parecchio, soprattutto in termini di relazioni umane. Abbiamo avuto le politiche più restrittive dopo la Cina in termini di lockdown, green pass e obbligo vaccinale eppure sembra che tutto sia stato inutile. Non sono bastati due anni vissuti tutti da vecchi, con qualche mezza tregua estiva, reclusi in casa, conducendo una esistenza da cagionevoli, da convalescenti, distanti, isolati dagli altri, al riparo da tutto; per la nostra sopravvivenza abbiamo vissuto meno, non uscendo, non viaggiando, non rischiando e per alcuni non lavorando. Abbiamo anteposto a tutto la salute; salvare la pelle a ogni costo. Siamo stati sempre più spettatori, sempre meno attori, abbiamo vissuto la vita degli altri, a volte la morte degli altri; incollati al video, alle mascherine e ai vaccini. Atrofizzati, in quiescenza forzata e anticipata. A questo si aggiungono le diete e le cure saltate per la cattività; i mancati controlli medici, il rinvio di terapie per timore degli ospedali; più gli strascichi maniaco-depressivi per la pandemia e l’orchestrazione mediatica del terrore per tenerci sotto scacco. Tutto questo ha contribuito a infiacchirci, nel fisico e nella mente. Un tempo così vissuto ci ha resi più vecchi nel corpo e nello spirito, per non parlare dell’umore. È il primo, grande danno biologico patito in massa e va ben oltre quelli del virus, i ricoveri e i decessi; ma va anche oltre i danni sociali ed economici delle chiusure.
Non sappiamo cosa sarebbe successo se si fossero scelte strategie alternative, sarebbe andata peggio? Non abbiamo termini attendibili di paragone per dirlo o per smentire, e poi c’è il timore di ferire chi ha patito questa esperienza.
Sia ben chiaro, è stato necessario usare le mascherine ma attenti a non esagerare. Abbandoniamole, è tempo. Perché emerge piuttosto chiaramente una triste verità: la mascherina è soltanto un feticcio, una sorta di amuleto a cui continua ad aggrapparsi lo sceriffo di Salerno incapace di assumersi responsabilità. Basta mascherine sempre, caro sceriffo. Quel che ci vorrebbe è un nuovo risorgimento biologico, personale e comunitario, ma non ne abbiamo lo spirito né ci sono le condizioni. Né si intravedono energie reagenti per compiere l’alchimia di risorgere, sollevarsi. Il dubbio è che la dittatura sanitaria (che qualcuno definì così, già nei primissimi giorni del lockdown) sarà solo una tendenza transitoria, un test che prelude ad altro. Una cappa sanitaria sospesa sulle teste come una spada di Damocle, che avvolge la società e riduce i cittadini al rango di pazienti e lungodegenti in libera uscita. Tracciati e sempre reperibili in caso di richiamo.