Caro Raffaele, ti hanno affidato il compito più ingrato che si possa immaginare per un sindaco: non far rimpiangere il sindaco precedente e (peggio) propiziare il suo ritorno. A un compito così ingrato possono dir di sì solo tre categorie: i martiri, i fessi, i furbi. Martire perché occorre un’indole al sacrificio per accettare il compito di intrattenere il pubblico tra il primo e secondo tempo – e non credo sia il tuo caso -, dimostrando quanto fosse bravo e vivace il sindaco uscente. Che oggi si presenta mansueto, sorridente e innocuo ma che, sotto sotto, si fa gli affari suoi e nasconde dietro l’alone cortese desideri o ambizioni indecenti che non si notano all’apparenza. Fesso perché solo una sorta di ottuso può accettare il fardello di una complicata comunità in cui metà della popolazione votante ti vuole solo come digestivo e aperitivo al vecchio sindaco, e considera la tua compagine solo un accrocco elettorale momentaneo. Furbo perché solo una faina può covare il losco proposito di fingersi una persona grigia e appartata, santo e servizievole e poi rivelarsi uno cui non piace essere messo in discussione, perché anche solo all’insinuarsi di un piccolo dubbio la sua autorità rischia di sgonfiarsi come un palloncino bucato. Non so, Raffaele, a quale categoria tu appartenga e non mi azzardo a collocarti io tra queste. Lo dirà il tempo. Ma la mia impressione che ebbi sin dal giorno in cui ti ho visto diventare Primo Cittadino è che tu appartenga a un’altra categoria: quelle delle persone serie e affidabili. Una persona che zitto zitto, sotto sotto, solo solo, moscio moscio, fa gli affari nostri. È vero, defilato dalla scena pubblica, in queste prime settimane hai detto poco, annunciato meno, usato pantofole felpate per non far sentire i tuoi passi. Toni bassi, anzi stile catatonico, grigiore come messaggio cromatico-politico, sobrietà fino alla trasparenza, appari – se appari – l’incarnazione di una lettera anonima, di un pilota automatico, un sindaco a latere. Ma non vorremmo che l’unica vera discontinuità tra te e il tuo predecessore siano solo queste: dall’esibizionismo da one man show alla serietà tra serismo e seriosità. Non vorremmo essere passati dal monocolore panziano all’incolore lonardiano. Non vorremmo, ritornare al protagonismo del decennio appena trascorso, a chi ha pensato bene di dileguarsi, passare alla semi-clandestinità, di sparire e manovrare sotto traccia. La sobrietà certo è una virtù e tu sei una persona garbata e rispettabile, di cui si avverte l’origine borghese e non si sospetta la provenienza radical chic. Ma non vorremmo vivere – complice la pandemia – in una comunità da sala di rianimazione. Dai cartoni animati di Floriano ai cartoni inanimati. Non è un giudizio politico, ancora prematuro per la tua nuova esperienza amministrativa, ma ancora “estetico”. Vedremo col tempo se l’apparenza inganna. E se ti rivelerai martire, fesso o furbo, o altro ancora. Vedremo tutto in quel gioco dell’oca che a Guardia chiamano politica, ove tutto e finto ma niente è falso se può aiutare il teatrino. Intanto ti faccio un augurio che sicuramente non condivide chi ti vorrebbe sfrattare nel nome della “competenza al potere”: che la tua amministrazione duri l’intera consigliatura, non faccia rimpiangere la precedente e che ci porti serenamente fuori dal panzismo e surrogati. Come avrai capito, non è un augurio che rivolgo solo a te e ai tuoi consorti di governo, ma che rivolgo a Guardia e a noi guardiesi.