La cosa più inquietante della pandemia è che tu non sai quando finirà. Più la comprimi e più salta fuori: è come una molla. Si trasmette in modo esponenziale. Se hai la peste, si vede che ce l’hai. In questo caso non si vede se hai il virus e puoi essere un trasmettitore. A te non fa niente, ma rischi di far ammalare qualcun altro. Con questo atteggiamento rischiamo di portarci avanti il virus per l’eternità e di vivere una vita incompleta per un periodo lunghissimo. Ciò detto, l’emergenza Covid morde, ma di sicuro c’è in Italia un’altra emergenza tra le altre, non la più importante, ci mancherebbe, ma forse la più vistosa. È il monopolio del circo mediatico nel racconto pubblico. Uno spettacolo indecente. A parte il corso permanente e intensivo di angoscia e terrore causa pandemia, ogni mattina, pomeriggio e sera, ovunque tu sei e a qualunque fonte d’informazione ti colleghi – video, radio, giornali, web ma anche film, omelie, discorsi istituzionali – il discorso è sempre lo stesso, sempre l’Identica Opinione, lo stesso Modello Unico. Nessuno è mai sfiorato da dubbi. E i media ci danno dentro, creando un clima di allarme permanente, enfatizzando il tutto.
Un giorno gli storici avranno molta materia da analizzare e commentare di questo periodo flagellato dalla pandemia. Ormai c’è un filone narrativo che va alla grande: non c’è giornale, rivista, trasmissione televisiva che non dedichi un servizio, un’inchiesta, una testimonianza alla sciagura pandemica. Nei talk compaiono sempre le stesse facce, si fanno le stesse domande agli stessi ospiti sette giorni alla settimana. Tutto il resto viene omesso, censurato. A chi volete sia interessato, finora, ad esempio, appurare la composizione del cosiddetto Comitato scientifico nazionale, l’organo chiamato a programmare, coordinare, monitorare e contenere la diffusione del Covid? Non un solo virologo, un epidemiologo, un infettivologo di fama, compare in quel nevralgico organismo. Nossignore. Vi siedono solo funzionari ministeriali in servizio oppure in pensione. Qualche nome altisonante, come quello del prof. Franco Locatelli, presidente del Consiglio Superiore di Sanità, che di mestiere fa… il pediatra! L’informazione di Stato, e larga parte di quella privata, è inattendibile ed è percepita come venduta, prostituita, manipolata. Siamo preda di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi per la difficoltà di individuare fonti affidabili. Il contagio si chiama infodemia ed è una derivazione diretta del virus che sta devastando l’Italia. Non uccide, almeno non direttamente, ma produce patologie terribili che intaccano il cervello, il fegato, la bile, l’animo e il morale delle persone. Il contagio avviene per via oculare e auditiva, si trasmette per contatto sui quotidiani, su internet, sui canali video, nella pubblicità, nei dibattiti, servizi, tg, ben oltre lo sfinimento del pubblico.
Non se ne può più di raccomandazioni via etere. Non se ne può più di frasi ripetute tipo “non abbassare la guardia” e menate simili. Se volete sapere il minimo necessario su quel che succede col virus, scegliete i notiziari più scarni, meglio se integrati con la lettura di giornali. Il pregio dei giornali rispetto alla tv è che scegliete voi da chi farvelo raccontare e come, in che misura e fino a che punto, cosa leggere e cosa saltare, senza subire passivamente l’onda lunga, la marea vasta e l’informazione di regime che vi sommerge passivi con la Ripetizione dell’Identico. Ci sono più cose in cielo e in terra del virus. Non sto scherzando, non è il momento di scherzare. Vi sto consigliando una terapia. Autarchica, senza bisogno di andare in farmacia, di farsela prescrivere da alcuno. Semplice ma efficace. È la nostra fase due, quella della fuga dal circo mediatico venduto, prostituito, manipolato, del distanziamento sociale dalla tv e dai suoi protagonisti, caratteristi e comparse. Dopo aver ottenuto le informazioni necessarie sulla situazione sanitaria e i suoi riflessi, abbandonate tutti i programmi che vi parlano del contagio, che vi fanno vedere le solite scene e le faccine mascherate, che raccontano, commentano, fanno previsioni sulla durata dell’epidemia, sul vaccino, su quando uscirne, e come, e con quale gradualità. In particolare cambiate velocemente canale appena vi annunciano messe cantate di scienziati in dissenso tra loro, di economisti che sparano cupi messaggi; protettori civili che si limitano a dire numeri a volte sfacciatamente falsi e ovvietà ormai risapute. In modo speciale evitate il video appena appare un politico. Spegnete, cambiate canale, meglio i cartoni animati, un bel documentario e le previsioni del tempo. Non dico di non comprare più i giornali, di spegnere il video che è la nostra zattera di salvezza in queste settimane di lockdown ma fatevi una programmazione alternativa. Basta con i programmoni infiniti richiesti dalla pubblicità in cui tanti onniscienti ci spiegano cos’è il virus, cosa fare, cosa non fare, chi sono i buoni e chi sono i cattivi, se avremo il Natale oppure no. Non se ne può più, abbiamo già visto. La fase due ce la facciamo noi, ma ce la facciamo senza di loro. Sì, osserviamo le leggi ma non osserviamo voi, i vostri editoriali, i vostri programmi, il vostro corso intensivo per il peggioramento della specie, e il tentativo – il più schifoso – di trarre profitto politico, share o altri vantaggi dalla tragedia che stiamo attraversando.