Guardia Sanframondi: siamo sicuri che sia l’amministrazione del cambiamento?

E alla fine arrivò il nuovo sindaco e se lo divisero alla romana. La spartizione è fatta. La nuova amministrazione, ci ha detto il vice, avrà un solo sindaco, una sola guida: il libretto d’istruzioni elettorale detto in gergo programma. Non sarà solo un esecutore, un cursore, e tutt’intorno, come guardie reali col detenuto, vigileranno il Cantiniere, il Gatto e la Volpe e i partecipanti al Baccanale. Sgombriamo allora subito il campo. Chi scrive ha sostenuto in tutti i modi quest’unione combinata senza amore, per necessità, come un matrimonio di interesse, come un antivirus. Con una sola giustificazione morale. Siamo qui per debellare l’anomalia, l’intruso, la malattia, il monatto. Il resto è superfluo. È un potere che si legittima come comitato di salute pubblica. A tal proposito voglio raccontare un aneddoto che ho letto da qualche parte, curioso ma pedagogico: “Se raccogli 100 formiche nere e 100 formiche rosse e le metti in un vaso di vetro non succederà nulla, ma se prendi il vaso, lo scuoti violentemente e lo lasci sul tavolo, le formiche inizieranno ad uccidersi a vicenda. Le rosse credono che le nere siano le nemiche mentre le nere credono che quelle rosse siano le nemiche, quando il vero nemico è la persona che ha scosso il vaso”. Quindi, in futuro, prima di mettersi a litigare tra di noi non sarebbe il caso di chiederci chi ha scosso il vaso? Potrei dire mille cose sulla procedura, sul programma, sulla stravagante comitiva amministrativa; potrei dire che è ancora presto per esprimere giudizi; ma stavolta, giuro, per adesso, mi ricaccerò in gola tutto quello che penso e che ho detto nei giorni di pre-campagna elettorale quando tutto era ancora un’ipotesi in gravidanza. Stavolta parto da un fatto: l’amministrazione c’è, il programma c’è, la stramba unione ha retto almeno subito dopo del decollo. Ma soprattutto una cosa: l’amministrazione ha il consenso preliminare della metà più uno dei cittadini-elettori guardiesi. Ha i numeri quindi. Dunque, la condizione preliminare c’è, il popolo sovrano, il verdetto delle urne, la legittimità. E che quel verdetto diverga dal parere di quelli che c’erano prima, è una prova in più e non certo a sfavore dell’amministrazione che si è appena insediata. Un’amministrazione più o meno giovanile in un paese di vecchi. Ma in questo non è una novità assoluta se consideriamo che – secondo alcuni – è il filo di continuità con quello che c’era prima e la sua allegra compagnia. La cosa più interessante che si potesse dire contro questa stramba comitiva l’hanno detta proprio loro, quelli che c’erano prima, quando hanno affermato che questa amministrazione non sia del cambiamento perché “è una amministrazione della restaurazione”, aggiungendo poi “noi non lo permetteremo”, minacciando per bocca del loro capogruppo che guida questo gruppo liquefatto, diviso e straperdente, i nuovi inquilini della Casa comunale. Lasciamo stare il tono minaccioso, la situazione surreale e la legittimità carente di chi tuonava queste cose, ma nel merito non avrebbero potuto dire una verità più onesta: il punto fondamentale di questa stramba unione è proprio il regresso rispetto alla precedente; certo, la si può giustificare sulla tempistica (in fondo è trascorso solo qualche mese), di puerile velleità ma non certo di cambiamento. Infatti, sin dalle prime battute pare già che ognuno pensi più alla sua isola. E come al solito Guardia resta un’astrazione. Insomma, davanti al parto, alla fecondazione artificiale di questa nuova amministrazione, non possiamo che dire: ci inchiniamo davanti alla volontà popolare e difenderemo questa stramba unione se qualcuno vorrà commissariare Guardia anzitempo e negarne l’autodeterminazione. Giusto o sbagliato, è il mio paese e sarò leale. Naturalmente, il sottinteso è che l’amministrazione non tradisca la stessa volontà popolare, non tradisca i fondamenti di una comunità e le regole basilari di un patto civile. Insomma, sia capace di intendere e di volere. Ma quello non può essere il solo criterio per giudicare un’amministrazione; anzi il male di Guardia è che gli interessi particulari sono sempre stati anteposti, dai cittadini come dal potere, a quelli generali. Ma credo che a questo punto sia giunto il tempo, dopo tanta critica, di lasciarli fare. Quindi ricacciamo in gola – per ora – quel che pensiamo e che abbiamo sostenuto fino a ieri. Senza rinnegare una virgola, ma sospendendo ogni critica. Accettiamo il principio di realtà, il principio di lealtà e il principio di sovranità popolare. Lasciamoli lavorare. Ora lavorate. Aggiungo soltanto una chiosa. Qualcuno mi ha fatto notare: “Ma non ti sta bene mai niente a te? Non va bene il “nuovo” sindaco, non va bene il vecchio sindaco, non andava bene la vecchia amministrazione, come non va bene la nuova, non va bene la composizione della Giunta… E ora che arriva “il cambiamento” non ti sta bene neanche quello…” È la verità, purtroppo, e questo rende davvero tragica la situazione; ma non so che farci, non è colpa mia. Soprattutto se non c’è mai neppure il grazie. Potrei spiegare, argomentare le ragioni, che sono alla radice, ma insormontabili ai miei occhi – sarà l’età, sarà l’indole, sarà il peso ingombrante della storia, del pensiero, dei paragoni, dei precedenti, delle delusioni –, ma traggo solo un motivo di realismo e di sospensione del giudizio. Per questo per adesso morderò la lingua, frenerò le dita, gli umori e le riflessioni. Capisco pure quanto sia difficile lavorare. È come a volte è sbattere contro un muro. Lasciamoli fare, vediamoli all’opera. Nella speranza che non sia la solita operetta guardiese con finale di dramma.

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