Ma quale morale, oggi la sublime parola per la politica italiana è “inciucio”

Questa è la campagna elettorale più divertente della storia. Tutti contro tutti ma recitano tutti il copione di tutti. Avremo un governo nuovo che sarà quello vecchio. Avremo un Parlamento senza maggioranza. Un Parlamento di capi bastone, una pletora di parlamentari alla ricerca di uno stipendio fisso che si terranno stretto finché potranno. Con una legge elettorale che regalerà al Paese un Parlamento di scappati di casa e si rivelerà il peggior esempio di clientelismo postmillennio. E Mattarella dice: andate a votare. È un dovere morale. Ma quale morale. Se poi i nostri rappresentanti non sono eletti dal popolo, le leggi elettorali sono incostituzionali, le “riforme” sono scritte coi piedi, le nomine sono sempre per gli amici e nessuno paga per i disastri su banche, corruzione, ecc… Ma non solo. Se una ha il babbo vicepresidente di una banca fallita e si chiama Maria Elena, basta una parolina e… Chissà se, fra tutti gli scappati di casa che verranno eletti in Parlamento, c’è pure un esperto di conflitti d’interessi. Morale. Ma quale morale. Se ormai siamo alla sagra della porchetta elettorale e gli imbonitori gridano dai loro palchi: paghi uno e prendi due, vota me e porterai a casa soldi, bonus e tanta felicità. E nel marasma di promesse che tutti i partiti stanno facendo, la maggior parte naturalmente irrealizzabili, la cosa che colpisce è la smania di farle, solennemente, in televisione. La tv infatti rimane il sogno proibito di decine e decine di politici o aspiranti tali che vedono traballare la propria possibilità di tornare in Parlamento con tutto il conseguente carico di benefit e privilegi, oppure intravedono all’orizzonte la possibilità – finalmente – di accedervi. Individui che parlano dimostrando un’ignoranza abissale. Anzi, direi una analfabetizzazione quasi totale. Strafalcioni, ignoranza totale circa la storia, la geografia e l’economia. Chi più ne ha più ne metta. E questi sarebbero gli antidoti a quello che (impropriamente) chiamano populismo? E questi sarebbero quelli che ci porteranno agli Stati Uniti d’Europa, quelli che ci garantirebbero la modernità e la crescita? E questi sarebbero i cavalli su cui sta puntando la Grande Stampa? Ecco perché trovo avvilente, non certo divertente, l’avvio della campagna elettorale. Sia per questa gara da sagra paesana a chi le spara più grosse e le promette più belle, sia perché – per dirla con Veneziani – stiamo ancora in balia della politica-selfie che esaurisce le idee, i contenuti, i programmi nelle facce dei loro leader, ammesso che abbiano una vera faccia, non equivalente alle loro terga. Fino a qualche decennio fa erano gli ideali, più degli interessi, a spingere avanti il nostro Paese. Ma l’ideologia, si sa, ha sempre un suo ciclo di vita, che si esaurisce quando viene meno la sorgente che lo ha alimentato, lasciando il campo libero ai subdoli giochi della politica. Quella politica che oggi sotterra disinvoltamente tutti i suoi ideali, seppellisce tutti i suoi valori, che sfoggia la sua arte della negoziazione senza alcuna remora, che non mostra paura o vergogna del compromesso, ma che anzi si fa catturare da ogni chimera di vittoria, accettando qualsiasi specie di accordo, anche il più assurdo e il più improbabile, mascherandolo in un carnevalesco patto elettorale, quello che il dialetto napoletano ha consacrato nella storia della mitologia politica italiana con la sublime parola “inciucio”.

2 commenti

  1. non si capisce chi sia l autore questo lucido commento o editoriale . non credo sia Esposito, quel meridionale di sinistra. che nemmeno sa occuparsi del suo territorio e nemmeno dove si è installato. un altro co.. che era meglio che stava a zappare la sua terra

    1. Almeno lui sa scrivere in italiano. Lei, dal suo altissimo punto di osservazione, con una sublime critica evanescente, immediata e dal forte impatto emotivo, ha dichiarato tutta la sua storia personale… passato, presente, e ahimè futuro. La ringrazio, ha cambiato il corso della mia mattinata.

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