Strano Paese l’Italia. Sono moltissimi coloro che si lamentano di una classe politica indegna, disgustati dalla attività parassitaria dei partiti e di un sistema malato e corrotto, dell’economia disastrata da decenni di malgoverno. Eppure, quando si tratta di dare il proprio contributo a un possibile cambiamento, gli italiani si astengono o votano sempre per quegli stessi soggetti che sono i primi responsabili dei disastri nazionali. Astensione che vuol dire il sottrarsi del corpo elettorale a una scelta in cui esso evidentemente non riesce a scorgere più nulla tra cui scegliere. Ormai è questa patologia che in Italia ha via via acquistato l’apparenza della normalità. Certo, dietro l’astensione ci sarà pure in molti casi il torpore, l’eco tuttora vivo di un antico qualunquismo. Ma sempre più spesso sembra di percepire in essa un sentimento ben diverso: qualcosa che sempre più assomiglia a una rassegnata disperazione. O forse meglio una disperata rassegnazione. La rassegnazione al vuoto politico, alla mancanza di qualunque idea generale. In altri termini, molti italiani preferiscono astenersi o al più restare attaccati all’usato, anche se non sicuro, ormai decrepito, ma già sperimentato, invece di aprirsi a un possibile nuovo. Moltissimi italiani poi sembrano avere la memoria talmente corta da cancellare in un istante il ricordo, pur recentissimo, dei danni prodotti, da anni di malapolitica. Soprattutto perché moltissimi aventi diritto al voto, arrabbiati o rassegnati, si astengano dal votare facendo il gioco del potere in carica invece di esprimersi per una alternativa possibile di cambiamento. Inoltre, vanno considerati anche gli effetti secondari insiti nel Dna della sottocultura dell’italiano medio, spesso interessato più al bene della sua parte che al bene collettivo, con scarso senso etico, sempre pronto a delegare a un capo invece che partecipare attivamente alla vita del Paese. Manca in sostanza, in ancora molti, troppi italiani, il coraggio di cambiare, di provare quello che molti media descrivono, spesso faziosamente, come “un salto nel buio”. Questo, nonostante la precarietà della loro condizione, oltre alla chiara, obiettiva e razionale individuazione dei responsabili politici. Forse, se superassero questa patologia, molti cittadini potrebbero scoprire che, questo salto, se accompagnato dalla loro partecipazione attiva, potrebbe invece portare l’Italia “fuori dal buio” in cui giace da anni.