La lectio filologica di Eduardo De Filippo, suprema autorità sul lemma, nei panni di Don Ersilio Miccio nell’“L’oro di Napoli”, così sentenzia: “Figlio mio, c’è pernacchio e pernacchio… Anzi, vi posso dire che il vero pernacchio non esiste più. Quello attuale, corrente… quello si chiama pernacchia. Sì, ma è una cosa volgare… brutta! Il pernacchio classico è un’arte. […] Il pernacchio può essere di due specie: di testa e di petto. Nel caso nostro, li dobbiamo fondere: deve essere di testa e di petto, cioè di cervello e passione. Insomma, ‘o pernacchio che facciamo a questo signore deve significare: tu sì ‘a schifezza ra schifezza ra schiefezza ra schifezza ‘e l’uommene! Mi spiego?”. Altro che smart, altro che green. Qui ci vuole il Pernacchio. Ecco, per questo paese di poco meno di cinquemila anime è giunto il tempo del Pernacchio. Il Pernacchio, appunto. Quello rivolto all’Ego autoreferenziale e peculiare di chi lo guida e dei tipini nativi che lo attorniano dove tutto è tempestivo e possibile come in una pugnetta. Egolatri e tipini d’acchiappo e di comando che chiedono soltanto di essere destinati ad alti destini, e la cui meta etica è la ficaggine. Giovani curatori delle nostre storie e già nella comitiva dei supereroi sull’orlo della vanità. Cittadini di un asilo d’infanzia chiamato Casa di vetro dove, va da sé, l’obiettivo è quello di costruire una comunità di stakeholders; ovviamente la modernità – mentre la comunità, più che un dream, oltre la facciata, si conferma nell’incubo di una cloaca – è risolta nello smart, nel clic delle slide. Miti unificanti dello show business. Punto di riferimento della Cosa Nostra democratica. È trendy, insomma, il Pernacchio. Certamente un qualcosa di gassoso, etereo, il suddetto (il Pernacchio). Il Pernacchio è un atteggiamento mentale assai in voga tra gli indigeni, nei confronti dell’empireo del potere nostrano, è un gagà del sentimento diffuso. Anche se tuttora imboscato. Non facciamolo più abitare nei nostri bassifondi digerenti, al contrario: eruttiamolo, emettiamolo verso l’Egolatra, verso i tipini d’acchiappo che se ne stanno col ditino alzato e, forti di presunzione, invece di dire “squadra”, se ne escono con un “dream team”, giusto per fare un figurone di sgraziata vanità. Altro che smart, altro che green. È il tempo del Pernacchio.