Voglia di “preferenze”

La classe politica dovrebbe perdere il vizio di usare la legge elettorale a proprio esclusivo vantaggio e contro i propri cittadini, illudendosi di poter far vincere il proprio partito. Le coalizioni e i partiti di Governo, anche di segno opposto, che si sono succeduti al potere dagli anni novanta a oggi hanno sempre inseguito la chimera di confezionarsi una legge a proprio uso e consumo, possibilmente per danneggiare i propri avversari politici e per limitare i danni in caso di sconfitta. Con buona pace degli elettori. E questo – ma guarda un po’ -, sempre in prossimità delle elezioni politiche. Eppure, anche se sulla stampa, nei talk-show nessuno lo ricorda, l’Europa nel novembre 2012 ha stabilito che ci vuole un periodo minimo di un anno tra il varo di una nuova legge elettorale e le elezioni. Ma in questo caso evidentemente il mantra “ce lo chiede Europa” passa in secondo piano. Quale sarà la legge elettorale alle prossime politiche non è sicuro. Il distacco dalla politica è siderale e per riallacciare il filo con gli elettori si poteva almeno restituirgli il diritto esclusivo di scegliere i propri rappresentanti. Tutti i rappresentanti quindi, e non solo una parte, facendo tra l’altro prevalere i designati dalle segreterie di partito ai più votati nei collegi uninominali. Il risultato invece è che il sistema approdato in Parlamento nessuno l’ha capito (ad iniziare da chi l’ha scritto) e a nessuno frega di capirne in quanto risulta difficile da capire persino per i dottori in azzeccagarbugli elettorali, mentre il messaggio che passa è dell’ennesima fregatura da parte di Lorsignori. Per questo non scatta nemmeno la voglia di capirne di più, e si derubrica la faccenda all’ultimo dei problemi, abdicando di fatto al sentirsi pienamente cittadini. Siamo sudditi, insomma, come deve averci considerato anche questa classe politica, promotrice di un modello elettorale che forse è incostituzionale, ma di sicuro è repellente alla voglia dei cittadini di partecipare. Se volevano una legge chiara avrebbero varato l’uninominale secca, in cui vince chi convince nei singoli collegi e così sarebbero stati costretti a schierare uomini convincenti, magari anche onesti, di sicuro competenti. Ma in una cosa questa classe politica si è trovata sempre d’accordo: in Parlamento devono andare i nominati, non gli eletti dal popolo.

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