Lo spettacolo offerto quotidianamente dai media, sia pubblici che privati è avvilente. Per non parlare della carta stampata, del giornalismo attuale, che è tutt’altro che libero, come sostengono i soliti difensori d’ufficio. Non c’è emittente pubblica e privata che non sia schierata sull’asse Renzi-Berlusconi. L’omologazione è la regola. Urlare “vergogna” è veramente riduttivo!
Gli scandali ai quali assistiamo, ogni giorno, l’ultimo dei quali riguarda le vecchie e nuove baronie universitarie, rappresentano solo l’ultimo esempio di questa democrazia malata. Sui media si parla d’altro con un unico scopo: perdere tempo ed assicurare ai soliti privilegiati i vantaggi ben noti. I giornali non fanno che lodare i provvedimenti del governo, attribuendo la responsabilità del disastro economico e sociale nel quale vivono gli italiani a quelle persone che vengono etichettate come “populisti”, che cercano di togliere la testa dalla sabbia e intendono reagire a una situazione reale, che non è quella descritta e certificata dai media. Quegli stessi media che però si guardano bene dal dire che questo Paese è diviso in due. Che ci sono ormai due piazze contrapposte, due aree, nettamente marcate. Lo senti per strada, lo leggi sul web, lo vedi in televisione e in tutte le occasioni che ci offre la realtà. Sono due flussi d’opinione che non riescono più a trovare punti di contatto e di compromesso.
C’è un processo in corso in questo Paese che va ben oltre i personaggetti sulla scena politica corrente, quali, ad esempio, il maghetto di Firenze, Matteo Otelma Renzi. Mentre la politica si squaglia nei talk-show, l’Italia si sta ridisegnando in due aree. Al di là dei leader furbetti che saltellano ora a destra ora a sinistra, ora chiudono e ora aprono le porte dell’Italia secondo i sondaggi del momento, ci sono ormai nel nostro Paese due grandi correnti d’opinione piuttosto stabili. Che sono divise, contrapposte, sui grandi temi sensibili del nostro tempo. Le due parti non sono speculari, ma asimmetriche, molto diverse. Una s’identifica con le fabbriche d’opinione, con l’egemonia sottoculturale, con i poteri mediatici, giudiziari e con l’establishment. E che ritiene di avere il monopolio dei valori morali e sociali, etici e culturali, si reputa superiore, e non considera che anche chi difende la realtà, la tradizione, la natura, la famiglia, la vita come è sempre stata, possa avere valori morali e ideali contrapposti ma degni di rispetto. L’altra, un’opinione pubblica che è un fiume in piena, che a volte tace, subisce, si rifugia nel privato, ma poi borbotta, a volte esplode, vota contro, esprime il suo dissenso con rabbia. Se i primi sono spesso affetti da disprezzo i secondi sono affetti da risentimento. E allora? Ci vorrebbe un comune senso dello Stato e della comunità, per creare un terreno comune; ma non c’è.