Che la terra ti sia lieve, Luigi

C’è una cosa che proprio non mi perdono. O meglio: ce ne sono tantissime ma una è quella di non avere avuto le palle di andarmene da questo paese. Da Guardia. Non ho avuto carattere, forza, personalità per dare un taglio alle radici, a quel viluppo di legami e colla affettiva, quell’impasto di poesia e paura e consuetudini e sicurezze che ci tiene fermi. Mi sono lasciato ammuffire come una pianta illusa che sperava di fiorire in mezzo alle pietre. Me la piglio solo con me, sia chiaro. Ma la mia colpa non cancella quelle di chi ha ridotto così questa comunità. Non ho avuto le palle per tornarmene a Roma. E non credo sia cambiato molto da quel giorno ed è anche per questo che da anni non credo più nella possibilità di cambiare Guardia con il voto, con la politica, con i nuovi che arrivano e i vecchi che resistono. Non è qualunquismo. Io in fondo credo nel lavoro di pochi individui che cercano ogni giorno di trovare strade alternative per questa comunità, probabilmente destinati alla sconfitta, ma con la speranza di lasciare un solco, un corridoio, dove altri raminghi possano in futuro incamminarsi. Lo so. Non è molto. Forse è solo un altro stupido sogno, ma se a Guardia qualche svolta c’è stata è per questi sognatori controcorrente. A Guardia c’è chi si rifà la reputazione e chi si rifà la macchina. Sono in molti che non sono in grado di rifarsi la prima perché non l’ hanno mai avuta. Sul cervello non mi esprimo, ad oggi non l’ ho scovato. Oggi l’unico modo per vivere a lungo a Guardia è invecchiare. E io non ho paura di diventare vecchio perché in fondo lo sono già e mi trovo bene. Ogni giorno do una occhiata ai manifesti funebri, e scorro i nomi dei defunti. Quasi sempre vi scopro l’annuncio mortuario di qualche persona conosciuta, un amico, un compagno di una vita. Oddio, penso, se ne è andato anche questo. Mi addoloro e mi consolo, dato che io sono ancora qua a rompere i coglioni a chi sapete e a offrire ai detrattori l’opportunità di prendermi per il culo. Lo confesso, è una gioia sopravvivere ai nostri coetanei. E spero di tirare le cuoia a 90 anni raccomandando però a farmi una iniezione definitiva, così mi tolgo dalle palle in fretta, evitandomi sofferenze… La morte non è un tabù per noi mortali. Che razza di mortali siamo se ignoriamo ingenuamente che nel nostro futuro, più o meno prossimo, c’è una tomba? Sit tibi terra levis, Luigi.

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