Sette anni: i Riti dell’Assunta, Officina dello Spirito

Sette anni. Molti arrivano da Roma o da Napoli, oppure dalla Francia, dal Belgio, dalla Svizzera, dalla Germania e in più numerosi da Sidney e dall’Argentina e qualcuno perfino dalla Florida. Tutti andati via e, ogni sette anni, tornavano per portare i figli dai nonni. Poi i nonni sono morti e i figli sono cresciuti e i figli dei figli non parlano neppure l’italiano e in paese non ci sono mai stati, forse non sanno neppure dov’è. Sette anni, a una comunità di poche migliaia di anime, terra di nessuno, lasciano cicatrici profonde. Sette anni. Esci che sei stanco, sfiduciato, unto dai dubbi e arrabbiato con mezzo mondo. Lungo la strada hai pensato, per tutto il percorso, a quello che dovrai fare… Cammini e ti accorgi di quelle case abbandonate, come chiese sconsacrate. Certi paesi non crollano, ma semplicemente si svuotano e non sai neppure dire quando è cominciata la fuga. Mentre cammini guardi quello che resta dei tuoi ricordi. Immagini. Vai a vedere cosa c’è oltre la porta. Qualcuno dice che puoi solo ricordare. Procedi a passi lenti e lunghi, in silenzio, lungo i confini stretti dei vicoli, soppesando gli incroci. Cammini piano con l’istinto di non dare nell’occhio, sfiorando le ombre sul muro. Giochi a pari o dispari con le pietre e poi scegli, qui la salita, là il passato, oltre il futuro. Luoghi dello spirito, che si incarnano nella storia di quest’antico borgo come crocicchi di arti, mestieri, saperi e creatività. Punti di partenza che si attraggono e potrebbero generare ricchezza e futuro. E ricordi. Oltre le macerie di oggi. Non c’è una colpa per tutto questo. Non c’è una colpa se questa comunità di pietra grezza oggi è solo un punto spento sulla mappa. Tocca a noi illuminarla. Fermo, osservi il portone spalancato, solo, poi, ti consegni al Tempio. A quella Preziosa Signora che non è di marmo, né scolpita da mano umana. È “Quella lì”, la Signora che ha sconquassato la vita e il destino di tanti in questa antica comunità di contadini. Sei lì, appoggiato alla colonna. Non riesci a staccare l’anima tua dalle tenaglie materne di questo luogo. Ti guardi intorno. Vedi la gente immersa in uno stato stuporoso, simile a quello indotto da certe droghe, e preghi, invidiandoli, desideroso di rifugiarti anche tu in una tale reattività da bradipi. Ti offri senza se e senza ma. Sai che, in qualche modo, alla fine ne ripartirai liberato. Da cosa, non lo sai. Ma hai la netta sensazione che, lì, ti saranno messe a posto le pastiglie dei freni e i filtri dell’anima. Lo Spirito sarà lucidato e riconsegnato come se uscisse or ora dalla carrozzeria. I serbatoi saranno pieni. E tu sarai pronto a ripartire, per un altro tratto del viaggio: lungo sette anni. Sì, qui, a Guardia Sanframondi, le sofferenze vengono risistemate ogni sette anni dall’officina più esperta: la Vergine Assunta. Una donna, una sposa, una madre. Moderna, nonostante la Radice antica. A servizio anche del più cretino fra noi; al servizio di quello che grida parlando; dell’amico che ti soffia sul collo; del furbo pentito e del politico mariolo; al tuo servizio. Sette anni, lasciano cicatrici profonde: il miserere di una lunga agonia. Ma il tempo è adesso. Non rimane altro che immergerti in quel gel vivificante, che ti protegge e ti fortifica. Perderti nell’abbandono al rinnovo costante di una gioia che solamente lì è, inspiegabilmente, priva di aspettative… Sette anni: e pensare che tutto ciò dovrebbe essere riservato soltanto alla tua comunità, in esclusiva, non come un baccanale, ma come un pellegrinaggio di Fede ripetuto come un compleanno, non soltanto ogni sette anni. Un passaggio obbligato per ogni abitante di quest’antico borgo di contadini. Solo con Maria e la Sua Materna Benedizione. Il resto è Fede.

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