C’è una Guardia che ha deposto le armi. Si è arresa. Si è consegnata al tempo più o meno lungo dell’attesa dell’ultimo sguardo, dell’ultimo fiato. Ha abbandonato la lotta e tagliato la pur esile cordicella che la legava al resto di se stessa. C’è una Guardia mascherata da se stessa, ma completamente snaturata e svuotata dell’anima. C’è una Guardia di anime morte che guardavano speranzosi al futuro, potenti di un poderoso presente e orgogliosi di un glorioso passato. Quello che sapeva di tradizioni, di memoria, di radici culturali, di lavoro onesto e sicuro: di “cose nostre”. C’è una Guardia meschina, dove si trama per perfezionare una sopravvivenza dentro corruzioni talmente esercitate nel loro gioco bizantino da diventare automatiche come funzioni vitali: mangiare, bere, respirare. Esclusa, ovviamente, la funzione privilegiata: quella di sognare. C’è una Guardia che scambia la propria esistenza col nulla cosmico. La vergogna non c’è più. Quel sentimento che ci suggeriva di provare un minimo di turbamento, oppure un senso di dignità di fronte alle conseguenze di un politica scellerata, sembra scomparso. C’è una Guardia che, però, si è stancata di discutere, denunciare, tenere duro, combattere. E che oggi reagisce solo sui social. E c’è una Guardia che parla “americano”, veste americano, telefona americano, chatta americano, mangia americano, vive americano. Una Guardia che non sa rinunciare al veleno che la sta uccidendo. Una Guardia che, fra l’altro, si arrende all’invasione programmata del proprio territorio, senza battere ciglio. Gli americani si comprano Guardia e la svuotano degli indesiderati abitanti. Fra balli, musica, ricchi premi e cotillon, noi guardiesi non siamo mai stati tanto coglioni e assoggettati. Ammaliati da quattro quaquaraquà di politicanti ignoranti e sgraziati, ci consegniamo al vuoto, senza colpo ferire. E, dunque, fate vobis! Tenetevi il vostro mito. Tenetevi Floriano e il suo “recinto magico”. Tenetevi il “new deal” americano. Continuate a lamentarvi sui social. Noi – quelli che continuano ad amarlo, questo benedetto paese – ci separiamo e ci godiamo il tempo che rimane imitando quel grand’uomo di Cincinnato (Livio, Annali, III, 26 e 29)… Questo paese non ha più bisogno di noi… E, diluvio sia…