Scriveva qualche tempo addietro, Mario Giordano: “In 8 mesi 46mila mila morti in più. Ogni mese, dunque, 5mila in più. Ogni giorno 166 in più. Significa che ogni ora in Italia muoiono 7 persone in più rispetto all’ anno scorso. È un’enormità. Tanto più che per trovare una simile impennata nella mortalità bisogna risalire al 1943, in piena Seconda Guerra Mondiale. E prima di allora al 1918, con la Prima Guerra Mondiale e l’aggiunta dell’ influenza spagnola. Ma che cos’è che sta sterminando gli italiani come se fossimo in guerra?”. Ieri come oggi sembra che nessuno ha la risposta giusta. Ma c’è una causa: la crisi. Siamo falcidiati da una depressione senza precedenti, unita naturalmente alle scelte assassine dell’Europa, applicate in Italia con ben nota ottusità: “Dal rigor Monti al rigor mortis”, chiosava Giordano. In questi anni il passo è stato evidentemente breve: gli anziani che non hanno i soldi per curarsi, le famiglie in difficoltà sono aumentate a dismisura, la sanità è peggiorata e i tagli ai servizi sociali rendono tutto più complicato. E i primi a rimetterci sono i più vulnerabili: gli anziani, i malati terminali, le persone dichiarate morte ancor prima che lo siano, perché cercare di salvarle o di farle stare meglio costa troppo. Numeri da epidemia. I dati dell’Istat sono tragici. Certo: la popolazione invecchia. Ma basta questo a giustificare una strage simile a quella di una guerra mondiale? Ovviamente no. La verità è che il peso della crisi, lunghissima e assassina, si sta riversando d’improvviso sulle spalle sempre più fragili del Paese. Un Paese che rimane sempre uguale a se stesso, ma soltanto più povero. Di soldi. E soprattutto di speranza. E l’effetto è così impressionante che non si può non tener conto, anche nelle scelte della politica. Siamo sicuri, per esempio, che si possa ancora risparmiare sulla sanità? Siamo sicuri che si possano aumentare i ticket per gli esami e ridurre i servizi? Siamo sicuri che si possa proseguire con i tagli feroci sotto le parole dolci della “razionalizzazione”? Se nel frattempo nei pronto soccorso il personale è all’osso, mancano le barelle e i pazienti stazionano per ore (o giorni) sulle barelle lungo i corridoi, e gli ospedali, anche all’interno della stessa regione, continuano a pagare gli stessi prodotti a prezzi diversi? (Che poi sappiamo come funzionano queste cose, c’è la ditta amica che fa pressione e l’ospedale anziché comprare la stessa merce da un altro produttore a una cifra più bassa, la compra da questa pagando di più). Queste sono le domande che dobbiamo farci se non vogliamo prendere lucciole per lanterne. E poi, ultimo ma non ultimo, se davvero la mortalità aumenta così rapidamente e il processo di allungamento della vita non è più “irreversibile”, e se la rotta demografica si è invertita così rapidamente, perché continuiamo ad alzare l’età pensionabile? Che ci vuole ancora? Concludeva sarcasticamente Giordano: “Lo sterminio degli ultrasessantenni? L’annientamento dei capelli bianchi? L’ecatombe al sapor di rughe e pannoloni?”.