Perché a Guardia (politicamente) non cambia mai nulla? Perché viviamo nell’epoca degli imbecilli? Perché l’imbecillità è insita nella natura dell’uomo, nessuno escluso? Perché è da imbecilli non riconoscere la propria imbecillità? Oppure perché la normalità in questa comunità è l’imbecillità? Quella che ti fa continuare a vivere tra i vantaggi garantiti dall’appartenenza a una cerchia ristretta di privilegiati. No, niente di tutto questo! Molto più semplicemente perché questa comunità (politicamente e socialmente) soffre la sindrome della “Cossa”. Proprio così! La “Cossa”, vale a dire la Dc, qui non è mai scomparsa. Semplicemente ha smesso di apparire, ovvero si è resa invisibile. Inabissata nelle profondità oceaniche. Ha solo cambiato nome. Basta vedere gli attori della politica odierna, la classe dirigente, la società civile, la lista degli eletti in Consiglio comunale degli ultimi decenni, per rendersene conto, una marea di personaggi, dc congeniti o adottivi – con Floriano Panza, a rappresentare oggi la reliquia più vistosa -, per accorgersi che la “Cossa” a Guardia non è mai scomparsa, ha soltanto assunto fattezze proprie del divino, non percepibili ad occhio umano, ma la senti alitare ogni giorno, infilata nelle pieghe del vivere civile. Coerentemente con la sua matrice cristiana, la “Cossa” ha acquisito il dono dell’invisibilità, si è fatta Entità Indefinibile che aleggia sulla realtà guardiese come un sottinteso permanente, un’allusione paranormale. Chi pensava che col tempo e con le nuove generazioni la sua ombra e il suo alone sarebbe via via scomparsa, ha fatto male i conti con l’eternità propria dell “Cossa” che sfida il tempo e il maltempo e sopravvive anche al declino di improbabili antagonisti. Gli iniziati della “Cossa” a Guardia sono dappertutto. Li vedi dappertutto, i folletti neo-democristiani, nella loro avvolgente inconsistenza. La “Cossa” a Guardia sta alla vecchia Dc come la posa sta al caffè. Oggi si è fatta virale, e la sua assente presenza, ingombrante e disincarnata, si è fatta più contagiosa e pervasiva dei tempi in cui quell’ammasso di notabili ostentava la maggioranza relativa della politica paesana. Già da allora, per la verità, i cittadini-elettori della “Cossa” erano invisibili, si vergognavano di dirsi conniventi, criticavano la “Cossa” e quel che rappresentava e se facevi un sondaggio tra una scopa e un tressette nei bar la davi quasi in estinzione; ma poi, nell’urna, mieteva voti. Oggi, il figlio putativo della “Cossa”, Floriano Panza, è un evento naturale come la pioggia: non possiamo fermarlo ma solo ripararci sotto il suo ombrello. È un gattino che molesta e intenerisce perché ci riporta all’infanzia e alla gioventù. Sempre circondato da un’imbarazzante adunata di fans, seduti per terra tutt’intorno ai suoi piedi. Tipo girotondo dell’asilo. Incapaci di qualsivoglia autocritica, anzi, convinti che il sorgere quotidiano del sole sarebbe da ascrivere all’avvento di Floriano Panza in terra guardiese. La domenica va a messa per fare il pieno di santità, in modo da consumarlo in peccati lungo tutta la settimana. In Consiglio comunale esiste da decenni, e come per gli orfani di guerra e i diversamente abili, detiene una quota seggi riservata. È l’ombrello materno per ripararsi dalla bufera del Nuovo Millennio. È multiculturale, esterofilo, è il leader del partito americano de noantri. Garantisce una serena lungodegenza con la maglia della salute. A volte rimpiango anch’io la “Cossa”; ma lo faccio in bagno, di nascosto.