Stamattina ho avuto un proficuo scambio di idee con un vecchio amico di Guardia, evidentemente (come chi scrive) disilluso dalla politica stra-paesana, rammaricato. Raccontava dell’endemica stanchezza che pervade molti alla sola idea di tornare a mobilitarsi, dopo l’illusione del 31 maggio scorso. Riportava episodi che convalidano l’incredibile servilismo di una parte (per fortuna, minoritaria) di cittadini, mai così compatti nell’occultare le vergogne dell’amministrazione Panza. Dell’impresentabilità dei suoi avversari storici, sua unica vera assicurazione sulla vita: e del fatto che se a recare un minimo di fastidio c’è soltanto chi scrive e Carlo Falato il reuccio di Guardia può campare cent’anni. Ascoltando quelle parole, le parole di chi ha spiegato la propria verità, ho avuto la sensazione che in questo paese si continui a guardare il dito, mentre la realtà pratica e politica indica la luna. Ancora lì ad interrogarsi sul perché sono venuti a mancare i voti, a chiedersi come (fra quattro anni) recuperare i voti, pochi quelli consapevoli che il problema sta nella capacità di concepire il futuro. E siccome le tragedie della storia tendono a ripetersi, gli ho suggerito la lettura di una descrizione, datata ma sempre efficace, pubblicata tempo fa in un altro articolo, del miserando squagliarsi della cosiddetta “coscienza critica” in questo paese. È “La rivolta dei santi maledetti” di Curzio Malaparte sulla rotta di Caporetto: “Fuggivano gli imboscati, i comandi, le clientele, fuggivano gli adoratori dell’eroismo altrui, i fabbricanti di belle parole, i decorati della zona temperata, i cantinieri, i giornalisti, fuggivano i napoleoni degli Stati Maggiori, gli organizzatori delle difese arretrate, i monopolizzatori dell’eroismo degli angoli morti e delle retrovie, decisi a tutto fuorché al sacrificio, fuggivano gli ammiratori del fante, i dispensatori di oleografie e di cartoline illustrate, gli snob della guerra, gli ‘imbottitori di crani’, gli avvocati e i letterati dei comandi, i preti del Quartier Generale e gli ufficiali d’ordinanza, fuggivano i ‘roditori’ della guerra, i fornitori di carne andata a male e di paglia putrefatta, i buoni borghesi quarantotteschi che non volevano dare asilo al fante perché portava in casa pidocchi e cenci da lavare e parlavano del Re come del ‘primo soldato d’Italia’, fuggivano tutti in una miserabile confusione, in un intrico di paura, di carri, di meschinerie, di fagotti, di egoismi, e di suppellettili, fuggivano tutti imprecando ai vigliacchi e ai traditori che non volevano più combattere farsi ammazzare per loro”. Ecco! Secondo me non c’è migliore ritratto della disfatta che va in scena ogni giorno in questo paese, fra proclami tonitruanti e bellicosi sui social e fughe di massa al momento della trasformazione in fatti concreti del malcontento. Nulla più! Neanche un sussulto di dignità e coerenza… Tutti smaterializzati ed evaporati. La loro posizione più nota: è quella del kamasutra politichese. I più coraggiosi, in un soprassalto di temerarietà, e solo dopo aver scolato tre o quattro birre e ingoiato tre o quattro bistecche di leone, entrano nel dibattito e subito si distanziano. E pigolano scuse puerili, balbettano supercazzole: la competenza di Floriano, il senso di responsabilità di Floriano, le conoscenze di Floriano. Floriano li conosce bene, li conosce ormai a menadito uno per uno: gli fa “buh” e poi aspetta. Nel giro di un paio di giorni arrivano tutti, alla spicciolata, camminando sulle ginocchia. Tengono famiglia, corrono subito tutti tremanti da mammà, e ora, grazie ai smartphone sperano di far la guerra per procura (sperando di non essere visti). “Pretendono di fare le barricate con i mobili degli altri”, come diceva Longanesi. Un suicidio di massa da setta americana per Guardia: e tutto per una telefonata al direttore di turno, un piccolo favore, un posto all’ombra sul marciapiedi, una comparsata insieme ai pipers, un lavoretto, non importa se precario e malpagato, un posticino per il figlio sfigato. Un posto nella prossima lista e dunque sicuro alle prossime elezioni. Così, almeno, s’illudono che vada a finire. Non hanno ancora capito che Floriano non solo li detesta, ma li disprezza pure. Al momento buono li farà fuori tutti, non potendosi certo fidare di chi non tiene fede neppure alla parola data a se stesso. E sarà meglio per tutti: al posto di queste anime morte, nei prossimi anni potrebbe persino venir fuori una classe politica giovane che non ha nulla da perdere, ricatti da subire, pedaggi da pagare. È possibile che in questo paese non si capisca che non ci meritiamo né Floriano né tantomeno i cosiddetti santi maledetti di Malaparte: gli imboscati, i comandi, le clientele, gli adoratori dell’eroismo altrui, i fabbricanti di belle parole, i cantinieri, i napoleoni, gli organizzatori delle difese arretrate, i monopolizzatori dell’eroismo degli angoli morti e delle retrovie, i dispensatori di oleografie e di cartoline illustrate, gli snob, i “roditori” e i fornitori di carne andata a male e di paglia putrefatta che ora fuggono in questo miserabile intrico di paura, di meschinerie, di fagotti, di egoismi, e di suppellettili, imprecando ai vigliacchi e ai traditori che non vogliono più combattere farsi ammazzare per loro. Sono loro che si meritano a vicenda. E di fronte a questo attacco frontale, davanti a questa offensiva gentile e spregiudicata di Floriano, lo spreco di risorse pubbliche, le pagliacciate, la derisione di una intera comunità, l’opposizione dei tremebondi che fa? Nell’anno appena trascorso l’avete sentita discutere, prendere posizione, dibattere in piazza su un argomento qualsiasi? Nulla! Solo gesti isolati. Al di là del lodevole impegno di Carlo Falato, nulla più. Nonostante sia ben chiara la deriva morale di questa amministrazione, il movente, l’opposizione nega, si illude, sogna. Si perde nei distinguo, si autoflagella, si colpevolizza, si comporta come se la colpa non fosse loro. Tutto pur di non dire la piatta e brutale verità: a Guardia non esiste un’opposizione a Floriano. Questa verità sta lì da tempo, sotto i nostri occhi. Ma noi non vogliamo ammetterla. Preferiamo raccontarci balle, nascondere la verità, come è stato fatto ripetutamente in questi anni. Preferiamo non dire quello che sappiamo. Preferiamo chiudere gli occhi. Preferiamo non esporci al rischio della verità. È pazzesco.
Questo articolo è un messaggio nella bottiglia lanciato nel mare degli oppositori all’amministrazione Panza (se ancora esistono). Probabilmente, resterà soltanto una predica inutile oppure un vuoto a perdere. Lo so. Del resto, mai siamo caduti così in basso in termini di cultura, preparazione, formazione, spessore politico, capacità di amministrare, forza di ragionamento, visione politica, memoria e lungimiranza. A ben guardare, abbiamo la peggiore classe dirigente della nostra storia. È il tempo dei dilettanti allo sbaraglio. Con tutto il rispetto che si deve alle persone e alle eccezioni, che pure ci sono. Eppure, si ha la consapevolezza che le idee non abbiano più una residenza nell’assetto politico attuale e che ogni proposta sia vana, disattesa, soffocata. Intanto, il paese scivola diritto verso il Medioevo avvolto dal nostro morbido involucro di bugie, appare come un naufrago aggrappato ai rottami della nave, nella convinzione che passi qualcuno a salvarlo, che bastino due yankee per rilanciarlo. Ma i salvatori della Patria si sono dimostrati gli affossatori della nave stessa. E allora? Ormai, sulla costruzione di un soggetto politico alternativo si discute e si scrive senza speranza ma, per fortuna, anche senza rassegnazione. Come accade al naufrago. Infatti, anche se “abusivamente”, da più parti si continua a dare il segnale che la disponibilità a farsi interpreti di un futuro diverso c’è, che le idee ci sono, che una nuova classe dirigente e politica esiste. Invece, si preferisce ancora percorrere i soliti vecchi schemi del Potere fine a se stesso regalando così tutto lo spazio a Floriano. La necessità di progettare qualcosa di innovativo, che vada a raccogliere le istanze dei cittadini, è una priorità. Un’altra strada c’è, ma servono le persone capaci di percorrerla. Sono le persone, innanzitutto, quelle che contano. Persone con delle idee. Una volta qualcuno disse: “Non soltanto le idee camminano sulle gambe delle persone, ma anche le persone camminano sulle gambe delle idee”. Sono d’accordo con lui. Lo sono ancora di più oggi. Ma chi ti sente? Buone vacanze a tutti!