Cronache marziane da Guardia Sanframondi

Saremo l’amministrazione della fermezza e della trasparenza, assicurava il sindaco appena eletto. Un’altra promessa mantenuta. Mai visto niente di più fermo e poco trasparente di così. Vi ricordate l’entusiasmo della lista futurista? “Scasseremo tutto”, urlavano in piazza Castello. E dire che non c’era molto da scassare nella Guardia già mal gestita dagli stessi da ben cinque anni. (Scassa di qui, scassa di là, alla fine speriamo solo che ci sia qualcuno che si scassa davvero). Dov’ è finito il genio talentuoso dei giovani futuristi? Le idee luminose? Il talento e le idee propagandate in campagna elettorale sono scomparsi. Siamo sprofondati nel nuovo modello socio-economico guardiese fondato sullo zombismo e sul predominio sociale e culturale della “mediocrità”. Cooptati, nei posti decisionali del Municipio, non tanto per le loro doti ma perché leali e affidabili, certamente esperti ma noiosi, mai fuori dagli schemi e dunque accettabili. Ci hanno messo poco più di un anno e hanno raggiunto l’obiettivo. Loro ce l’hanno fatta: il bilancio del Comune è ormai un colabrodo ripieno di debiti (a carico delle nuove generazioni), i soldi sono stati buttati per i nuovi amici anglosassoni e per iniziative superflue, utili solo a soddisfare gli amici degli amici e qualche associazione di scansafatiche specializzata nell’organizzazione di “cene eleganti”; hanno provato a pagare qualche padre di famiglia in difficoltà con un santino elettorale, ma niente. “Porteremo un messaggio di competenza e trasparenza”, giuravano in campagna elettorale. Ma il fatto è che di competenza e trasparenza nemmeno l’ombra. Infatti, sono stati subito premiati col 60% dei consensi. Che cosa ci volete fare? Non bastano le frasi ad effetto. Non bastano gli slogan, bisogna saper amministrare. E pensare che il sindaco competente aveva celebrato le sue vittorie come una festa della Liberazione per la comunità: “Da qui comincia il grande cambiamento, nulla sarà più come prima, non lasceremo a piedi nessuno, l’onestà sarà di moda”, garantiva. In effetti nulla è più come prima, qualcosa è diventato peggio. Qualcosa anche molto peggio (difatti, la Magistratura da mesi ormai spulcia gli appalti del Comune). L’assoluta mancanza di trasparenza amministrativa, per dire, è rimasta in piedi. Guardia, poi, è rimasta ancor più ferma del Partito democratico beneventano. Il bilancio è un buco con un po’ di rosso attorno, e probabilmente i libri contabili sono da tribunale del fallimento, le scuole dell’obbligo sono precipitate nel “caos iscrizioni”, e probabilmente da settembre non c’è la garanzia che la stessa sede scolastica resti a Guardia. Interi rioni di Guardia sono rimasti abbandonati a loro stessi, per il rilancio del centro storico (al di là degli interventi di facciata, buoni solo per i social e per i forestieri) non è stato fatto nulla, le tasse locali restano alte. Alla faccia dell’amministrazione futurista. E poi una serie di mali infiniti: incuria, familismo amorale, risse e degrado urbano. Risultato? Il sindaco Panza, che aspirava a divenire fra i sindaci con più consenso dell’intera Valle telesina, adesso è costretto a farsi promotore di battaglie (perse) quali l’unione dei comuni sotto i cinquemila abitanti (forse perché è convinto che Guardia, vista l’emorragia di partenze, soprattutto giovani, a breve valicherà tale soglia). Più che una rivoluzione, un precipizio. Anche la politica culturale, che doveva essere il fiore all’occhiello dell’amministrazione futurista, si è fermata proprio come un autobus senza carburante. Di cultura manco l’ombra, se non per la buona volontà delle associazioni. Un po’ poco per chi aveva promesso “di valorizzare il contesto paesaggistico ed ambientale e promuovere l’attrattività del territorio”. È evidente che il sindaco sembra aver trovato la sua nuova linea: vino, sorrisi e cornamuse. Al punto che, dopo la prossima esibizione di virilità celtica del 30 e 31 luglio, ci interroghiamo sulle sue prossime uscite: che potrà fare di meglio? Per attrarre nuovi cittadini (meglio se stranieri) si farà fotografare mentre attraversa il Polo Nord con le espadrillas? Si metterà in posa fra i pinguini dell’Antartide a torso nudo e con il tanga? Oppure, per stupire, andrà all’ Equatore vestito come Messner sull’Himalaya? Probabilmente non farà nulla di tutto ciò, proprio come un Pellè qualsiasi che sfotte Neuer prima di sbagliare il rigore. Perché alla fine lui fa sempre così. Fateci caso: da un po’ di tempo non dà mai nell’occhio, non reagisce, non commette falli di reazione. Se lo bombardano, fa il sommergibile: va sott’acqua, aspetta che passi la bagarre e riemerge più vivace di prima. Incassa le critiche, smussa gli angoli, smorza i toni, sorride agli imprevisti. Trova la soluzione o, meglio, lascia che la soluzione gli inciampi dentro mentre lui apparentemente sta facendo altro. Magari bighellonando per la Country House di famiglia, oppure degustando un caffè o sorseggiando un succo di mirtillo. Alla fine lui fa sempre così: ottiene quello che vuole (da più di quarant’anni), urtando però sempre qualcuno. Dove gli altri strepitano, lui ragiona; dove gli altri si affannano, lui procede placido e consulta il libricino nero che oggi ha la forma di uno smartphone. Dove gli altri s’indignano, lui risponde al massimo con un sogghigno. Tutti in questo paese devono fare i conti con lui. Anche quelli che lo snobbavano, anche quelli che lo irridevano. Anche quelli lo prendevano in giro. Anche quelli che lo liquidavano come un fastidio. Anche gli invidiosi che non hanno mai perso occasione per provocarlo. Adesso tutti devono fare i conti con lui, con la sua capacità di esserci, di raccogliere voti, di mettere insieme le persone, di trovare l’accordo anche quando a tutti gli altri sembra impossibile. Insomma, la capacità di accumulare potere. Che è poi la cosa che gli piace più al mondo, oltre al Brunello e (da qualche settimana) il Prosecco di Conegliano. Piaccia o no, non importa: è uno che sa raccogliere voti, sa coagulare consensi e partecipa a tutte le battaglie che contano (quasi tutte), magari sfruttando la forza degli alleati e le debolezze degli avversari (ma anche questo in politica è un merito). Io lo conosco bene. Non perde mai la calma. La politica, in particolare quella di Guardia, è un luogo pieno di nevrosi, con gente che urla, si affanna e corre in ogni momento, specialmente sotto elezioni. Lui è sempre di una calma olimpica. Sembra che non faccia nulla, invece quasi sempre ha già fatto tutto (per il proprio vantaggio e quello di pochi intimi). È rimasto quel che è sempre stato: l’uomo cui ti affidi quando hai un problema e vuoi qualcuno che lo risolva senza far casini. E, soprattutto, senza far casino. Capace di ottenere sempre quello che vuole, passo dopo passo, gradino dopo gradino. Lui, del resto, è fatto così: non urla, ma sa farsi capire. Non suda, ma lavora. E se qualcuno lo attacca, risponde con un sorriso. Tanto sa, che alla fine, l’avrà vinta lui. Negli anni scorsi ha avuto un altro dei suoi colpi di genio: l’Unesco. La fantasia propria dell’imbonitore non ha davvero limiti, mai personaggio guardiese fu onorato con tanto scialo di creatività. E poiché come i grandi artisti devono sempre saper sorprendere e spiazzare, ha tirato fuori l’enogastronomia e la bellezza del territorio. Facciamo qualcosa: limitiamogli le scemenze, mettiamogli un autovelox per le cretinate, aiutiamolo a capire che con la vecchiaia anche la vena ispiratrice si può inaridire, regaliamogli un tutor che gli blocchi stupidaggini, che non fanno ridere nemmeno se, mentre lui le dice, qualcuno fa il solletico sotto i piedi a tutti i guardiesi, uno per uno. Davvero, ne va del futuro di una comunità. Guardia è un’altra cosa! Se ci teniamo davvero a questo paese non possiamo far finta di nulla, dobbiamo fermare il declino di un imbonitore che ripete sempre più stancamente il suo repertorio fuori dal tempo e dallo spazio. Perché questo purtroppo è attualmente: un personaggio che ripete stancamente luoghi comuni che ormai (sono sicuro) suonano stantii anche ai giovani futuristi di maggioranza. Va beh, ma in fondo che importa? Canta che ti passa, come dicevano i nonni. D’altre parte si è capito da tempo: il sindaco di amministrare Guardia non ne ha voglia, lui ha già “scassato” da ben quarant’anni, tanto gli basta. Il comune di Guardia è una specie di trampolino, la fascia tricolore un elastico per lanciarsi altrove portando con sé la “brillante” esperienza guardiese. E c’è da immaginare che, visti i risultati, altrove lo aspettino con ansia. E si decidano, i giovani futuristi di maggioranza: se vogliono fare politica e se ne sono capaci, la facciano sul serio. Esprimano idee e non solo utopie di quart’ordine. Magari con qualcosa che faccia meno ridere, provino a rinnovare il repertorio, magari allargando il loro orizzonte visuale qualche metro oltre le stupidaggini sulle contravvenzioni, i bambini delle scuole, le commissioni fantasiose, i “turisti per caso”, l’Aglianico e la Falanghina, se ce la fanno. Perché, di questi tempi purtroppo c’è poco da ridere.

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