Filosofo, scrittore e giornalista. Marcello Veneziani è un prolifico e apprezzato autore di saggi come La rivoluzione conservatrice in Italia (1987), Processo all’Occidente (1990), Sul destino (1992), Sinistra e destra (1995), L’antinovecento (1996), Di padre in figlio. Elogio della tradizione (2001), La cultura della destra (2002) e La sconfitta delle idee (2003). Ha pubblicato il romanzo filosofico e lirico Vita natural durante (2002), autobiografia apocrifa di Plotino; e il saggio letterario-filosofico in forma di aforismi, ritratti e pensieri de La sposa invisibile (2006).
Ha fondato e diretto riviste, tra le quali “Omnibus”, “Intervento”, “Pagine Libere”, “L’Italia settimanale”, “Lo Stato”. E’ stato direttore editoriale del “Borghese”. Ex consigliere d’amministrazione Rai (2003-2005). Ha collaborato con molti quotidiani da “il Giornale”, “Libero”, al “Corriere della Sera” a “la Repubblica”, “il Messaggero”. Attualmente la sua attività di scrittore si è affiancata a quella di conferenziere ed in veste insolita a quella di attore in tournée con i suoi cento Comizi d’amore per l’Italia, scritti e interpretati da lui a teatro.
Il suo ultimo libro è Lettera agli italiani. Per quelli che vogliono farla finita con questo paese, una lucida e impietosa analisi sulla fine dell’era berlusconiana e del centro-destra, la stessa che gli è costata l’allontanamento da “il Giornale” dopo esserne stato per anni un editorialista di punta e un intellettuale di riferimento. La sua colpa è non aver saputo tacere davanti alla “lunga e indecorosa agonia del centro-destra in Italia”. E’ anche un racconto ironico e passionale, uno scambio d’amorosi sensi con un’Italia che continua ad amare, nonostante sia “davvero malata, ma questo è un motivo per amarla di più”. Un amore per l’Italia quello di Veneziani che è un amore per la Patria che definisce “la mia casa, è il ritorno, è l’infanzia, il cielo e la terra che mi coprirà.”
Le amministrative che hanno consegnato Roma e Torino al Movimento Cinque Stelle lasciano strascichi importanti e rappresentano, plasticamente, profondissimi cambiamenti all’interno dell’elettorato italiano. E non sempre è vero, come disse Mao, quando grande è il disordine sotto il cielo la situazione è da considerarsi eccellente. Anzi. Secondo Marcello Veneziani la politica, ormai senza il nerbo della motivazione, s’è trasformata in “un topo morto”.
La politica è un topo morto
La politica è un topo morto. È questo il responso globale delle urne. Mezza Italia non va a votare e la metà che resta, vota in larga parte per tutto ciò che è nuovo, è fuori, è contro. Viva gli outsider, via gli extra moenia…
La politica è l’unico campo in cui la verginità è ancora un valore, anzi è oggi il requisito principale. Virginia Raggi, ha già un nome promettente… Non avere un passato, un curriculum, una storia è la carta vincente dei grillini. Per un paese vecchio, che non fa figli, vedere un giovane è già un evento euforico. Quando vedi irrompere le facce della Raggi e dell’Appendino, Di Battista e Di Maio, partecipi all’incanto di un inizio, la magia dello stato nascente, la promessa senza ricordo, puro avvenire senza passato, pura intenzione senza bilancio. Fa simpatia lo stato nascente. Grillo è solo l’Ayatollah, la politica è nelle mani dei pischelli. Godiamoci le novità, una donna alla guida di Roma come non accadeva dai tempi di Rea Silvia, cioè prima della fondazione di Roma…Non dirò che è prevedibile la parabola, è probabile il flop, la delusione. Non si sa mai, meglio augurarsi che i 5stelle smentiscano i pronostici pur facili per città così difficili. E poi il mondo che si opponeva a loro, il vecchio mondo dei politici senza politica, era fatiscente e furbesco, da troppo tempo beveva veleno e sputava fiele, aveva perso la passione e la visione, meritava di crollare.
Però mi dico: cosa può fare, cosa può dare, quanto può durare, un movimento che non ha una visione politica e tantomeno storica, che non ha idee o progetti ma indica solo comportamenti e limitazioni, che confonde la purificazione dei mezzi con l’efficacia degli scopi? E l’onestà, che è ora una bandiera pagante, può reggere alla lunga senza una motivazione ideale, confondendo un principio di vita con un metodo e a prescindere dalla capacità? Quanto è disonesto, immorale, antisociale, promettere il reddito di cittadinanza, che è poi la radicalizzazione dello stessa demagogia degli 80euro renziani? A parte la difficoltà di reperire fondi cospicui per un’impresa così vasta, non è devastante, scoraggiante, l’effetto su chi lavora per guadagnare due soldi? Si crede davvero che si possano risolvere le voragini economiche italiane coi piccoli risparmi di qualche indennità parlamentare dimezzata? Si pensa davvero che diecimila pensioni d’oro possano compensare dieci milioni di pensioni da fame, si ha un’idea della proporzioni? Si pensa davvero che un paese possa rinascere semplicemente dicendo di no a tutte le imprese che aumentano i rischi di malaffare e di corruzione ma anche le prospettive di ripresa?
Ma lasciamo stare, l’irrealismo è quel che di solito caratterizza gli stati nascenti, poi col passare del tempo non vengono a galla solo i vizi, le velleità, i fallimenti ma si fa tesoro dell’esperienza, si acquista il senso attivo della realtà.
E dall’altra parte cosa c’è, tra gli insider, gli intra moenia estromessi dalle mura, insomma i topi morti? C’è il marasma senile. C’è lo squagliamento generale. Renzi che è la versione anagraficamente-politicamente corretta di Berlusconi, ha giocato la partita Uno contro tutti, che ora si è ritorta avendo Tutto contro uno. Per lui ora la scommessa non è smontare e rifare il partito come lui dice, ma separare le sorti del governo da quelle del partito. Lasciare la leadership del partito per salvare la premiership del governo. E depotenziare il referendum.
Il centro-destra invece esiste come area d’opinione ma non ha più leader, oltre che classe dirigente. Basta con Berlusconi, ma Salvini non basta, e nemmeno Meloni. Non bastano più le faccine, le gag televisive, il popolo di centrodestra non vota o s’ingrillisce, vede i suoi leader come topi morti o sorci mai nati e intorno il deserto. Salvo pochi italiani, nessuno più vota per convinzione, ma per sfregio, per veder crollare questo o quello, ci teniamo Renzi perchè non abbiamo alternativa, votiamo Grillo perché vogliamo il Giudizio Universale.
A volte ho l’impressione che i grillini siano come gli orfanelli che una volta accompagnavano i funerali. Ignari, spaesati, a volte allegri, seguono da estranei il feretro dello sconosciuto. Dicono che l’ignoto defunto si chiamasse Politica.