Da quando è stato rottamato da Floriano, Amedeo, deluso, con l’aria di Giobbe armato di santa pazienza e costretto ad abbassarsi a livelli così infimi, apostrofa chiunque incontri con parole così: “Io non mi occupo più delle miserie della politica politicante guardiese, sono un cultore dell’arte enoica e tengo conferenze alla Casa di Bacco, e mi pagano anche, diciamo”. Perciò, figurati se su un argomento di siffatta natura: “L’Europa vuol uccidere di tasse le esportazioni di vino italiano”, dopo aver promosso addirittura una petizione da presentare a Bruxelles, si faceva scappare l’occasione per un intervento. In effetti erano mesi che ci domandavamo cosa aspettasse a darci un saggio del suo saper spaziare nelle praterie della geopolitica. “La settimana scorsa il Parlamento europeo ha dato una mazzata micidiale agli olivicoltori italiani…”. Ohibò, e chi l’ha detto? Intanto, non risulta. Perché Amedeo fa finta di non sapere che l’Italia produce attorno alle 330 mila tonnellate di olio extra vergine e che il fabbisogno del paese è di circa 700.000 tonnellate. Ciò significa che già oggi l’Italia importa olio per il proprio fabbisogno e non si capisce perché bisognerebbe opporsi a che l’Europa e anche il nostro Paese debbano rinunciare ad un incremento di quanto già la Tunisia vende agli europei da anni, dato che quello Stato produce 150.000 tonnellate e ne consuma soltanto 40.000. Se c’è qualcuno che ha interesse a protestare esso va trovato tra gli attuali fornitori dell’olio che siamo costretti ad importare che vedrà in parte ridotto il proprio export verso il nostro Paese. E poi anche lui dovrebbe sapere che l’olio tunisino è già in Italia, e con esso anche altro olio (di dubbia qualità) perché quello fornito dalla Tunisia, non è sufficiente a coprire il nostro fabbisogno.
Forse qualcuno dovrebbe pretendere, insieme alle organizzazioni dei produttori italiani (Coldiretti e Confagricoltura), di far “funzionare” regolarmente l’integrazione del prezzo dell’olio che costringe i produttori a lunghe ed estenuanti attese prima che gli stessi possano vedere accreditato quel misero contributo che la Comunità deve, annualmente, agli olivicoltori. Quest’anno, dicono fonti di categoria, dopo un acconto nel mese di novembre, e non a tutti, in Campania non è stato ancora disposto il saldo.
In ogni caso, concordo con lui quando parla dell’insidia europea in merito alle esportazioni di vino italiano. Perché la solita Europa – nel silenzio del nostro ministro – sta per dare una mazzata micidiale a 45 mila delle nostre cantine su 47 mila che vendono all’estero. Di fatto gli renderà difficilissimo se non impossibile esportare e le tasserà a più non posso introducendo le accise sul vino. Non è una voce, ma una certezza (come ha scritto Carlo Cambi su Libero). E questo mentre il sindaco Panza si sciacqua la bocca sui nostri successi esteri.
Normalmente in questo paese per ottenere considerazione, visibilità ci si inventa un problema e lo si carica, adeguatamente, per ottenere che l’attenzione dei nostri concittadini si sposti su di esso per distrarli dai gravissimi problemi che ci attanagliano – malaffare, clientelismo, degrado civico e morale e impossibilità di avviare una ripresa che sia realmente tale – e che non accennano a diminuire, malgrado gli utopistici “pizzini” settimanali del sindaco Panza (a cui suggerisco – lui che può – di fare come Mosè nella fuga dall’Egitto, solo così può sperare di risolvere rapidamente il problema del corso del Fiume Calore deviato in Contrada Starze). E come Floriano, in quanto a distrazione di massa, anche Amedeo Ceniccola dispone di una ricetta per ogni circostanza. Da un po’ di tempo a questa parte, infatti, ogni suo articolo è una lista di prodigi e meraviglie tali da lasciare senza fiato: piacevoli e concreti per il destinatario. Articoli senza fiele, benevoli, che fanno della critica uno spaccio di latte puro. Dove ogni frase è rotonda e senza alcuna asperità. (Floriano sarà sicuramente contento di avere sotto mano un estensore di questa fatta). Pensa, evidentemente, che i guardiesi siano ansiosi di conoscere il suo pensiero su ogni argomento, magari sulle relazioni Italia-Usa o su un altro argomento a piacere dello scibile umano. “Sfortunatamente alla lunga – scriveva Balzac – gli abbonati riconoscono il genere dell’Incensiere e non leggono più le sue tartine azzime”. Levategli il vino! A tutti e due.