Chiedete a Floriano

guardia festa5Voi direte. Ma dove può andare Guardia oggi con una politica così silente, malconcia, priva di strategia e di energia, inadatta ad attirare vita e speranze, incapace di opporre una linea appena credibile a Floriano? Soprattutto, esiste ancora la volontà di fare politica in questo paese? O è soltanto un ondeggiare tra proposte, ripensamenti, veti e contro veti, intervallate da una rissa da bar e una stilettata ai fianchi. Forzature, obblighi, imposizioni, minacce, ribellioni, ridicolezze. Vicende verso le quali, se si mettono in fila i fatti, non si può che ridere a ogni passaggio.

La politica non può ritrovarsi sempre e solo ogni volta che c’è una consultazione elettorale e subito dopo fermarsi a leccarsi le ferite, tra rancori e ripicche, regolamento di conti. È giusto, invece, andare avanti, non fermarsi, riorganizzarsi. Capisco che a Guardia non si vedono alternative, ma non si può saltare ancora un giro, stare fuori. Avviliti in un cantuccio nascosti, silenti e acquattati a rimirare Floriano, che intanto si rafforza. So bene che le strade della politica sono difficili: spesso occorre cambiare gioco, passare all’opposizione radicale, virare su una versione guardiese del grillismo, probabilmente incassando subito consensi. Ma l’immobilismo silente, no. Dà solo un ulteriore potere negoziale a Floriano, usando a intermittenza le aperture e le chiusure verso questo o quel portatore di voti, verso questo o quel personaggio in cerca d’autore; è un ricadere indietro, al buio, nonostante i fallimenti passati e le defezioni massicce.

Una parentesi: giusto un veloce rewind per ripercorrere il percorso fatto e trovare l’errore. Non per piangerci sopra, non serve, ma per evitare di rifarlo di nuovo. E nel nostro caso bisogna andare all’inizio della storia, o quasi. A quel maggio 2015. Allora si pensò che per governare ci volessero i politici di sempre, i classici portatori di voti. Si pensò che l’entusiasmo, le competenze diffuse, le conoscenze capillari del territorio, delle storie, delle aspettative di una comunità non fossero importanti. Vi si rinunciò, con la presunzione di poterne fare a meno. Voi direte. Ma non avevano alternative, il sistema elettorale è quello, non si va da nessuna parte senza voti, alleanze e compromessi. Vero: però che brutta caduta. A cominciare da quella di Amedeo Ceniccola, e non solo lui. Tornare (!!!) all’ombra di Floriano Panza, anzi del suo cadavere politico, ritrovarsi raffigurato al suo fianco, appoggiarlo e sostenere candidati marziani, estranei a Guardia per volontà di Floriano che ormai da anni non esprimono una posizione politica e non rappresentano più i cittadini; sostenere e poi ripudiare l’alternativa a Floriano; evacuare lungo la strada molti suoi fedelissimi, sfasciare tutto quel che aveva costruito, desertificare l’opposizione per cedere poi l’area fabbricabile a Floriano. Assente oggi nelle grandi questioni locali, politiche, etiche, economiche e sociali, assente alle vere problematiche che interessano la comunità, Amedeo Ceniccola è politicamente trapassato. La sua parabola l’ha fatta, al governo di Guardia c’è stato, anche se per poco, ha dato e ha preso. Il mio non è un parricidio, ci mancherebbe. I parricidi in politica sono fondamentali, non v’è dubbio. Ma si fanno quando i padri sono al potere. È triste vedere invece che il patto Panza-Ceniccola (a proposito: il vero catering politico pro-Floriano si sta realizzando solo adesso, e nei prossimi mesi ne vedremo i frutti), sta trascinando nella fossa anche biografie politiche assai più interessanti, fino a ieri recalcitranti. Che godevano di buona salute politica ed elettorale. E che, invece, si fanno tumulare nel mausoleo egizio di Tutankhamon Floriano, pronto a giocarseli al primo giro di partita.

Poi, un bel giorno, la doccia fredda. E in un battibaleno siamo ad oggi, orfani di gran parte di quelli che sebbene non hanno fatto vincere, colmando l’ultimo miglio che era sempre mancato, hanno fatto vincere con la loro freschezza, l’allegria, la speranza che sono indispensabili per credere di poter migliorare. Come riconquistare la loro fiducia? Riconoscendo di aver sbagliato? Un gesto che politicamente vale più di qualsiasi proclama. Tornare nelle piazze e nelle case dei guardiesi e fargli capire chi li rappresenta veramente, chi si è battuto e continua a battersi per il bene della collettività e da questa ne è riconosciuto? Incominciare a trovare nuove eccellenze, aggiungendoci chi in questi anni si è speso per il bene della comunità, chi ha speso tempo e risorse per gli altri e chi ha già dimostrato il suo valore? Sul campo, in trincea, nelle retrovia della quotidianità. Costruire un gruppo di persone, riconosciute e stimate per le loro battaglie, per la loro coerenza, per la difesa di quella comunità di cui andiamo ancora fieri?

Non si tratta di fare come Floriano, non dimentichiamolo, un gigantesco caso personale, contornato da una miriade di casi personali, che pesca tra gente inerte, silenziosa, servile. Torniamo dove eravamo rimasti. Non sottovalutiamo però gli occhi di chi guarda, le orecchie di chi ascolta, la testa di chi vota. Perché nel frattempo Guardia è diventata l’Ospizio Guardia: chiedete a Floriano. I nostri giovani non hanno prospettive: chiedete a Floriano. Ormai lo stato di catalessi dei cittadini non cambia di una virgola: chiedete a Floriano.

La nostra è una bella comunità, ma non basta più dirlo. Bisogna difenderla. Torniamo dove eravamo rimasti. Un tempo qualcuno costruì a Guardia un edificio dove andò ad abitare tutta la massa critica al potere. Per tante ragioni, interne ed esterne, quel palazzo è caduto e gli abitanti fuggirono, restando homeless. Ora bisogna sgomberare le macerie, non si può continuare a vivere tra le rovine. Altrimenti stavolta Floriano davvero si potrà autoproclamare Imperatore di Guardia…

Auguri a tutti i Papà!

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