Elogio di Floriano e del guardiese medio(cre)

panza.2jpgA sentire Floriano (a questo punto della storia impregnato dalla testa ai piedi nel suo ego incommensurabile) sembra di stare in un servizio di Sereno-Variabile, dove dall’ultimo vicolo del centro storico alla sommità del castello medievale, tutto è sempre più bello, giusto, felice. Musei d’arte barocca, musica barocca, opere barocche, candidatura Unesco legata anch’essa al barocco, un mix straordinario da far impallidire città come Lecce, Noto, ecc… Una Guardia perfetta, persino nella fisionomia. Perfetta, almeno finché non cala il sole. Una Guardia di brava gente. Una comunità però incapace di equilibrio, rivoluzionaria a parole e gattopardesca nei fatti. Una comunità che è il rifugio delle nostre mediocrità: un bicchiere di vino, un pizza ogni tanto, la vigna, un lavoro magari in un ufficio della provincia, del Comune, della Asl, a godersi il posto fisso che ti è stato concesso come prebenda dal Floriano di turno; e che a Guardia negli anni passati ha realizzato tutti i suoi sogni di parassita, mammone, fannullone, bamboccione. Che però sa cos’ha: un lavoro che gli garantisce una nullafacenza che affronta con finto rigore, uno stipendio che può spendere come preferisce e una famiglia che lo serve e riverisce. Un posto fisso: non solo nella professione, ma proprio nella scala sociale di Guardia che lo venera come una semidivinità, titolare di un superpotere che ormai è utopia. E noi, invidiosi, lo guardiamo con disprezzo solo perché lo facciamo dal basso delle nostre partite Iva. Una comunità dove ci si riflette, come in uno specchio e c’è anche spazio per quel divertito attacco ai pregiudizi dei salotti o la tendenza a generalizzare i meriti altrui, a mitizzare, come si sta facendo in questi mesi, l’esterofilia.

Una comunità guidata da un paladino (Floriano) sempre più bravo a non essere solo il regista “tutelare” della comunità, ma a darle una visuale (la sua) e una confezione che sia curata e intelligente, e che ha fatto di sé un personaggio da storia dell’arte. “Valorizzare il significativo patrimonio artistico delle Città del Vino, genera sviluppo e benessere sul territorio e contribuisce allo stesso tempo a candidarlo nella sua migliore forma sulla scena internazionale”, ha detto nei giorni scorsi. Ma va? Chissà poi perché sulla stampa Floriano non parla mai della trasparenza amministrativa, degli appalti, delle variazioni di bilancio, dell’acqua potabile che manca… del prolungamento di via Parallela. Non sono anch’essi fattori che concorrono a rendere una comunità “appetibile”? Oppure perché con argomenti quali l’Unesco o l’arte barocca oppure le cornamuse può prendere in giro il guardiese medio(cre) che fluttua sul fango della mediocrità emotiva, civile e sociale della nostra comunità? Lo scrigno di una classe socioculturale per lo più parassitaria, utile solo a far sentire superiore nel suo paternalismo elitario la Guardia benpensante, la meglio gioventù sessantottina che per prima ha approfittato delle fragilità di questa comunità. Quel gruppo di cittadini guardiesi sempre pronto in passato a puntare il dito sul Floriano di turno, senza accorgersi, magari, di averlo cresciuto. Nel migliore dei casi. Nel peggiore, di non averlo mai contrastato sul serio, anzi, di averlo apprezzato, e di essersi presi i privilegi dei suoi salotti.

E allora, viva Floriano. Viva il guardiese medio(cre). Perché ce lo meritiamo. E lo dico con rabbia e senza orgoglio, perché se un giorno ci accorgeremo finalmente di chi realmente siamo sarà merito proprio di questo genio che si traveste da furbo.

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