La candidatura Unesco è una evidente follia, è un feticcio, al quale è facile attribuire capacità taumaturgiche che da sola non può avere. Al ciclico tirar fuori della pratica – che giù qualche titolo enfatico sulla stampa lo raccatta sempre – ieri il sindaco ha detto che grazie proprio alla candidatura Unesco il tunnel dell’Alta Capacità Ferroviaria (che nulla c’entra con la l’Alta Velocità) nel tratto che interessa il territorio guardiese, si fa. Si può condividere o no, è una scelta. Mi chiedo solo, al di là del classico localismo, se non addirittura il tribalismo, il becero scambio di favori politici, per tenere a freno le lamentele – tu mi prometti un tracciato favorevole, e io in cambio ti assicuro il sostegno incondizionato alle prossime comunali -, dov’è l’opportunità strategica e la coerenza logica di un costosissimo tunnel ferroviario, per di più in territorio pianeggiante. Mah, lascio ad altri le opportune valutazioni. Non sono un tecnico. Ma quello che certamente non sfugge è l’ennesima dimostrazione dell’abitudine di Floriano Panza di badare solo allo Stupefacente.
In questa storia del tracciato dell’Alta Capacità, avveniristica e fiabesca, sono riassunti tutti i mali di una ben definita parte politica. Ma quale tunnel. Ricordate il clamore di qualche giorno addietro, quando il sottosegretario Del Basso De Caro, intervenendo in Aula alla Camera, in riferimento ad una mozione di Area popolare sulla Salerno-Reggio Calabria disse: il governo è disposto a “valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del Ponte sullo Stretto come infrastruttura ferroviaria previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici, quale possibile elemento di una strategia di riammagliatura del sistema infrastrutturale del mezzogiorno”, contraddicendosi il giorno dopo, a seguito della smentita del governo e dell’intervento di governatori e intellettuali.
Parole, parole, parole. Come quelle solenni di Matteo Renzi: “A settembre arriverà un masterplan, con impegni e risorse per il Mezzogiorno”. Settembre è finito e ovviamente non abbiamo visto niente. Come non si vedrà mai il Ponte sullo Stretto.
Questo è il mare in cui sguazza il nostro sindaco Floriano Panza. Fateci caso. Niente mediazione dei corpi intermedi, l’uomo forte, la politica da bar, la scomparsa dei nemici storici sono le caratteristiche della vita politica corrente a Guardia Sanframondi.
La comunità guardiese s’è arresa definitivamente al nuovo-vecchio regime: l’egocrazia panziana. Come se negli ultimi cinque anni ci fosse stata una malattia virale e contagiosa che ha colpito quasi duemila cittadini, assistiamo a una ipertrofia di Floriano Panza, una sorta di abnorme dilatazione dell’io. Un vero e proprio disturbo psicopatologico. I suoi sostenitori ne sono l’emblema perché sono simboli di un pensiero che non guarda lontano ma punta solo al proprio benessere economico, al potere del qui e ora. In questo panorama dominato da personalità individuali era naturale che a Guardia si affermasse il principio del “con Panza o contro di lui”. Ed era inevitabile che lo stesso diventasse talmente autoreferenziale da mortificare, se non ignorare, qualsiasi rapporto con l’altro.
In questo contesto quel che resta della politica locale si muove soltanto per shock, per traumi. Polverizzata dall’immobilismo, l’opposizione critica è diventata sempre più semplice comitato elettorale dimenticando che nella vita, come nello sport, si può perdere senza essere perdenti. Il confronto ha via via lasciato il campo a due atteggiamenti opposti: l’acclamazione di Floriano Panza o la ribellione soft. Da una parte i fedelissimi del manovratore, dall’altra tutta una galassia di dissenzienti, o presunti tali, statici. L’interazione tra i due raggruppamenti è minima. Anche perché il dialogo tra posizioni diverse è considerato dal sindaco Panza una perdita di tempo.