Non dite che non l’avevo detto

valle telesPrendete le parole che seguono con le pinze, maneggiatele con cura e leggete le avvertenze d’obbligo: possono essere nocive e produrre effetti indesiderati.

Chi mi conosce sa quanto ami farmi carico del senso comune e comunitario e di considerare la coerenza, la fedeltà, l’educazione basi irrinunciabili. Ritengo di essere quel che comunemente è definito un conservatore. Che però è contro la libertà. Quella libertà che sta soffocando Guardia, da ogni lato. Quella libertà che deteriora il tessuto sociale, avvelena i rapporti umani, peggiora l’umanità guardiese. Quella libertà come arbitrio di chi amministra nel nome della sua assoluta autodecisione rispetto a cose, uomini e limiti. Quella libertà di rompere rapporti, legami e la libertà di diventare altro da sé, la libertà da ogni limite naturale, da ogni confine, da ogni vincolo esterno, da ogni identità e da ogni appartenenza. Quella libertà che in quest’antico borgo di contadini nel suo seno cova l’egoismo, l’egocentrismo e il narcisismo. Quella libertà assoluta di una classe dirigente inadeguata e sregolata che non tollera neanche le leggi che pure nascono a garanzia della libertà.

Non leggete però questa mia riflessione a rovescio, come un elogio della dittatura. Non è affatto così. Allo stesso modo queste considerazioni non sono in alcun modo rivolte contro le libertà civili, a cominciare dalla libertà di opinione che più ci riguarda, perché nessuno ha libertà di decidere cosa posso o non posso dire. Ossia non si tratta di considerare sacra la mia libertà di opinione, ma di negare a chiunque l’arbitrio d’impedirmelo.

Ma a cosa si riduce la libertà in questa comunità? Ad abbassare le armi? A non assumersi responsabilità? A non accettare nulla accanto e sopra di noi? A non riconoscere la realtà, a mortificare l’essere nel nome del non essere? Arrendersi e trasferirsi armi e bagagli in Costa Rica (la tentazione è forte), alle Canarie, in Tailandia, come uno dei tanti pensionati italiani? Allontanarsi da Guardia? Cambiare residenza? Oppure, “perché non ti iscrivi al partito di Floriano?”.

Me lo sento rinfacciare sempre più spesso! Quando non sono d’accordo con amici o semplici conoscenti su temi che toccano la comunità, ecc… ecc…, mi atterra sul grugno il solito “hai ragione, quel che dici è la verità, ma, tanto, chi te lo fa fare! Consegnati anche tu al nemico!”.

Parte quasi come un’offesa, ma come tale non arriva. No, grazie! Rispondo, semplicemente. Però sono stanco… e poi, sono, semplicemente e convintamente, un uomo anti. Che ha letto e legge. Che si informa e dubita. Che si confronta. Sceglie. A volte (quasi mai), cambia. Ma non abiura. Il mio cammino è lastricato di errori, chiaramente. Come e quanto quello di tutti, o di molti. Ma di quegli errori vado fiero come delle virtù. Poche o tante che siano. Meglio coerente, che ipocrita e venduto al banalissimo pensiero comune dei nostri giorni, quello di Floriano.

Scrivo (e continuerò a farlo, anche se dovessi scrivere sull’acqua) da cittadino di questa comunità che con la politica guardiese, le sue giravolte, i tradimenti, l’incoerenza, le mischie da rugby che ogni quinquennio ne discendono non vuole avere più niente a che vedere. Niente a che fare. Niente, neppure di striscio; non un’ora del mio tempo, non un euro. Assolutamente niente. Non ne vale assolutamente la pena.

Una nausea senza più limiti e che non è la colpa di ciascuno e bensì la colpa di tutti noi. Cittadini di una comunità minore, di una comunità “senza”. Senza più niente, purtroppo. In cui la politica, fatta solo di cantilene, la racconta e la offre solo Floriano. Una politica però che non tocca mai il nervo di qualcosa che è rilevante nella nostra vita quotidiana di cittadini. Non sai mai di quale paese parli Floriano, perché io non lo conosco. La Guardia da lui decantata, quel catturatore di voti facili e fessi, quella non la conosco. Nella Guardia in cui sconsolatamente vivo ci sono altri problemi, altre priorità. Certamente non il trailer di quel che sarà, dopo essersi comprato anche la dignità, le speranze, i sogni, il coraggio dei cittadini guardiesi, grazie alla paura, e con la paura la rinuncia, l’abdicazione, l’abiura.

Evidentemente è quello il paese che vogliono i guardiesi… e non dite che non l’avevo detto.

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