Grand Hotel Guardia

grand hotel guardiaÈ come se fossero due paesi diversi. C’è Guardia, paese delle bellezze naturali e storiche, della mitizzazione Unesco, del centro storico da cartolina. E c’è Guardia dell’abbandono, della desertificazione.

C’è Guardia, il paese della qualità da esportazione, con i suoi prodotti e le sue tradizioni sedimentate nel luogo. La comunità che vuole diventare moderna convinta del potere taumaturgico dell’Illusionista. E c’è Guardia, in cui i giovani, precari, disoccupati e migranti intellettuali assistono esausti alla sua decadenza e al solito teatrino della politica.

È dura capire in che comunità si vive, quando realtà e rappresentazione sono così distanti, quando Guardia che vendiamo è così diversa da quella che compriamo.

Guardia è piena di potenzialità, gente in gamba, imprese che lavorano benissimo. Il problema è che c’è molta intelligenza individuale ma manca intelligenza di sistema. E forse la forbice da chiudere, la grande differenza tra le due Guardia, sta tutta in questa frase. Ma so già che le lame della forbice non si congiungeranno mai, perché alla fine siamo prigionieri come sempre delle nostre paure. O, meglio, della nostra viltà. Ci trastulliamo per qualche mese in procinto delle elezioni, poi, come sempre, nascondiamo tutto sotto il tappeto della vigliaccheria. Giriamo la testa dall’altra parte: chi lo vince il campionato? Ancora la Juve? Sarri è un grande allenatore. E Higuain che farà? Hai visto ieri che temporale? A Ciucciomorto ha grandinato? La televisione ha detto che torna il sole… Girare la testa dall’altra parte, a quanto pare, è la nostra attività preferita, mentre l’Illusionista si sta mangiando la comunità e ci fa cucù dalla Casa Rosada, mentre trasforma il nostro paese in un set cinematografico e il nostro centro storico in terra di conquista per nuovi colonizzatori. Sembra che tutto questo non ci riguardi. Bisognerebbe chiedersi che cosa fare, bisognerebbe avere il coraggio di guardare la realtà negli occhi, e invece come sempre preferiamo far finta di nulla, fingiamo persino di credere a tutto quello che ci dice l’Illusionista. Fuffa. L’importante, si sa, è parlare. E forse è giusto così. Forse è giusto che questa comunità debba morire, farsi travolgere, scomparire. Se tutto quello che riusciamo a mettere in campo è soltanto un brodino avariato, forse vuol dire che siamo destinati a soccombere.

Allora avanti, che aspettiamo? Chiniamo la testa e accettiamo la sorte, soccombiamo e inginocchiamoci tutti all’Illusionista. Ma facciamolo almeno senza l’ipocrisia del “bene di Guardia”. Risparmiamoci, se non altro, la finzione, gli interventini mascherati, che non sono né carne né pesce.

Quello che conta è se ora in questa comunità abbiamo le palle di rimediare. Di reagire. Cioè, se conserviamo ancora, nonostante tutto, un filo di rabbia, un acino di orgoglio. Ovverosia, in parole nette, di andare a fare la guerra contro l’Illusionista e i suoi seguaci. Ce l’abbiamo oppure no?

La questione in fondo è tutta qui.

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