Cinque anni fa l’Animatore, l’ipnotizzatore ha avuto successo, ha funzionato, perché era il volto prestato a una diffusa mediocrità di una ben definita parte politica. Si potrebbe anche sostenere che andava bene perché rappresentava la media normalità. E il successivo favore delle urne è dipeso largamente dalla disponibilità di alcuni spettatori (1662) nel teatro guardiese a farsi ingannare dai suoi trucchi. Solitamente la riuscita di un mago da fiera è condizionata dalla credulità dei passanti che preferiscono farsi distrarre dalla sua parlantina ovvero dal suo dinamismo per non accorgersi dei suoi stratagemmi, mentre ruba loro il portafogli. Insomma, cinque anni fa l’Animatore, l’ipnotizzatore attirò proprio perché serviva, a pochi, e perché molti a Guardia volevano o addirittura dovevano farselo piacere, così che si possa stare appartati come direbbe Razzi a “farsi i cazzi propri”, nella suggestione di essere toccati da un po’ di quella polverina che un tempo si chiamava provvidenza, o fortuna. Buttala via!
Oggi siamo di fronte a uno dei più formidabili tentativi di persuasione esplicita che si siano verificati negli ultimi anni. E dei più sconcertanti. Allora mi chiedo: se è chiaro che le bugie hanno il naso lungo e le gambe corte, cosa faranno il 31 maggio quei 1662 cittadini che cinque anni fa si sono innamorati di un mostro?