Guardia è un paese strano. Siamo un popolo strano. Molto strano.
Volendo fare un paragone calcistico è come certe squadre di calcio che non riescono a valorizzarsi come gruppo, non si passano la palla, non riconoscono un modulo di gioco. La speranza e l’orgoglio in questo benedetto stramaledetto paese arriva sempre dai singoli, dai pochi, da certi individui che resistono a tutto e ancora sognano e immaginano un futuro per questa comunità e mettono le mani nel fango per cercare in quel fango la materia prima utile a costruirsi un domani. Che resistono giorno dopo giorno, contro quel mostro grasso e vorace che è il torpore che regna sovrano in questo paese. Che hanno inseguito il grande sogno del “cambiamento” e si sono trovati davanti alla triste, piccola, squallida, realtà. E oggi, delusi da 3 anni di vaniloqui, subiscono l’illegittimità come ineluttabile conseguenza, non contrastabile e inoppugnabile.
Sappiamo tutti che a Guardia i delusi non sono pochi. Sono molto più di quanto si pensa. Ma oggi non si ritrovano, non fanno rete, salvo rari apprezzabili “pezzi” di denuncia su internet, o sui banconi dei locali pubblici che, con buona pace di tutti, non incidono, non hanno un punto di riferimento e troppe volte lavorano da soli per un senso di disincanto, di sfiducia, di stanchezza. Oggi in questa comunità manca il guizzo, il colpo d’ala. L’attività dei pochi volenterosi, partiti, associazioni, circoli, ecc… è marginale e priva di una guida o di uno sbocco univoco. Non sono giudizi di merito, sono constatazioni. Insomma: oggi Guardia non è solo una comunità dal sapore e dal sapere antico, che vive da lustri schiacciata, come dopo un terremoto, è un gigantesco esperimento psicologico collettivo, quello a cui i guardiesi sono, volenti o nolenti, sottoposti (soprattutto negli ultimi tre anni, tre anni di assolute chiacchiere), da una guida inadeguata. Da un’amministrazione comunale che sembra vivere in un mondo sparito e dissolto, separato da un elettorato non più riconducibile alle antiche fedeltà. Un’amministrazione comunale maestra nell’iniettare bromuro nella popolazione. Con una certa consuetudine con le facili promesse. Con il “fare ammuina” come regola. Guardia è un paese strano. Siamo un popolo strano. Molto strano. Si parla del centro storico e l’amministrazione comunale non esita ad assegnare spudoratamente la “colpa” dell’attuale degrado ai “privati” cittadini costretti negli anni ad emigrare per l’assoluta mancanza di prospettive. Addirittura additandoli come “colpevoli” di non voler donare (gratis) a questa amministrazione le loro reminiscenze. Suvvia! Siamo seri! Il risanamento di palazzo Marotta, la collocazione della Collezione di Farfalle, il “flop” del Piano Città, ecc… ecc… ecc…, ovvero quanto propinato quotidianamente dall’ufficio stampa comunale, è solo fumo negli occhi: soltanto ammuina. Quella che calza perfettamente alla condizione attuale di questa comunità: “Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa / e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora: / chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra / e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta: / tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa / e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio”. E non c’è, da parte di questa gente che si proclama capace di governare, la minima volontà di lavorare per il bene comune. Nemmeno davanti alle opere più necessarie. Non vogliono cambiare nulla. Non conviene. Dal benemerito Capo, agli ultimi del carro, lavorano tutti per perseguire lo status quo (per non dire altro). La deculturazione generale dei guardiesi è la loro via maestra. Di te, di me, di noi, di Guardia a questa gente poco gli importa. Questo è il resoconto. È sotto gli occhi di tutti, anche di quelli che non vogliono vedere, che questo paese è guidato da un’amministrazione comunale inadeguata senza nessun segno particolare. Senza personalità. Incapace, ottusa, impreparata, dilettante, specialista del nulla. Che si nutre di sarcasmo e si crogiola nel kitsch. Composta da un pugno di marpioni e giovani bipedi. Punto. E a proposito di giovani: quando si è giovani, perlomeno anagraficamente, e per giunta neo eletti meno sei, sai e fai, meglio è. Giovani e neo eletti, appunto. Giovani di cui non riesco a dire una sola cosa in loro favore. Giovani e neo eletti: comodi, avvezzi allo scodinzolamento acritico e cieco. Niente spigoli, l’unico loro requisito è la pienezza del nulla. Oltre le facce, il nulla. Inconcludenti sin dall’esordio. E, checché se ne dica, il giudizio prevalente nella quasi totalità dell’Opinione Pubblica guardiese è: boh.
Mi direte voi: e allora? Allora mi chiedo! E chiedo a chi ha ancora a cuore questo paese. Fino a che soglia possiamo accettare ancora che l’incapacità, il clientelismo, la putrefazione non ci disturbi profondamente, persino la notte mentre dormiamo? Altri due anni? Come dice spesso un amico sapere se il vino è buono è impossibile senza averlo assaggiato: a Guardia non abbiamo altro sul tavolo se non questo e quindi facciamo subito la prova degustazione. Ma, per favore, proviamo a non sputarlo al primo assaggio: non sarebbe carino… Perché è chiaro a tutti che quest’amministrazione è morta. Diamoci pace. Comincia a puzzare. Non si può stare più lì attorno alla bara a chiederci ancora come è potuto succedere. Le mosche cominciano a ronzare e bisogna coprirsi il naso con il fazzoletto. E’ andata. Chiudiamo la cassa, avvitiamo le ventiquattro (???) viti. Facciamole il funerale, accompagniamola in spalla al cimitero. Piangiamo, oppure assoldiamo le antiche prefiche romane, sbattiamo la testa contro il muro, copriamo il feretro con lo stendardo comunale bagnato delle nostre lacrime. Era tanto buona. Diciamole una messa e poi chiamiamo la banda di Acquaviva delle Fonti a suonare il Requiem in Re minore di Mozart. Requiem aeternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Chiamiamo l’Unione dei Comuni sanniti con il gonfalone. Seppelliamola assieme alle sue truppe cammellate, raccomandati, privilegiati, leccapiedi, scodinzolanti incalliti, collaterali ed affini. Condanniamoli a seguirla, a perdersi nell’ombra con lei, con tutti i benefici ricevuti in tutti questi anni. Oppure cremiamola, se preferite un sacro fuoco purificatore. Bruciamola. Osserviamola un ultimo istante mentre le fiamme l’avvolgono e il forno si richiude sul nostro sgomento. Poi, dalle ceneri, se ne siamo capaci, facciamo rinascere qualcosa di nuovo in questa comunità.
Ma facciamolo ora. Adesso! Basta tentennamenti! Basta tatticismi! Non indugiamo oltre.
Scusatemi lo sfogo (me li immagino già i commenti puntuti dei “soliti noti”: ma a quello non va mai bene niente, critica tutto e tutti). Una sorta di progressiva grillinizzazione: il godimento narcisistico e probabilmente inefficace di aver ragione. Ma come forse si capisce dalle mie parole, nonostante il clima sono un po’ caldo e infervorato. E chi mi conosce sa che dico sempre quello che penso. Sa che sono ottimista di natura, ma non sono stupido. Sa anche che non sono un moderato: e per questo ritengo lo status quo non più sostenibile. Sono “razionalmente disperato”. Sono incazzato, schifato, deluso. Incapace persino di seguire i “consigli” del medico. E il medico dice che arrabbiarsi nuoce gravemente alla salute: le esplosioni di rabbia aumentano il rischio infarto, fino anche a quadruplicarlo se la rabbia è tale da perdere il controllo. Lo rivela uno studio.
Concludendo: se queste mie riflessioni suggeriscono a qualcuno (sindaco, giovani neo eletti, cittadini, ecc…) di lavare l’offesa, magari con un duello, accetto. Intanto, aspetto una risposta (anche se so bene che le risposte dalle nostre parti sono merce rara). E mi auguro che qualcuno invece di sghignazzare come al solito risponda come ho scritto io, a viso aperto, esprimendo una libera e argomentata opinione con le parole e non con argomenti vacui. Io quello che penso ho provato a dirlo con tutta la franchezza possibile (e non da oggi), per amor patrio natale, rispettando sempre gli erranti.