
Diciamoci la verità: è sempre un piacere leggere le repliche del sindaco alle osservazioni della minoranza (e solo della minoranza). Per non parlare di quelle molto più accalorate (e più comiche) del suo vice, supercazzole burocratiche che non dicono nulla, ma ci aiutano a capire perché questo paese non ha più speranza. Il segreto di questo cabaret che a Guardia ancora chiamiamo amministrazione è non avere una faccia: così, avendola persa da un pezzo, o non avendone mai avuta una, non possono riperderla ogni giorno. Da tempo noi rammentiamo loro quel che dicevano prima di salire le scale del Comune e quelli rispondono: “Embè? In soli tre anni abbiamo provveduto all’installazione della Casa dell’Acqua…”. Se avessero una faccia, arrossirebbero. Non avendola, si divertono così, pronti a spacciare l’ordinario per lavoro straordinario. È evidente che, oltre alla faccia, si sta cancellando loro anche il resto del corpo. E chi vaneggia di una amministrazione concreta, competente, aperta all’ascolto, o assume sostanze psicotrope o confonde i desideri con la realtà. Ma forse non è un complimento. A Guardia la politica e la commedia tendono a scambiarsi ruoli e interpreti. Salvo finire in tragedia.
La prova che i nostri eroi in questi tre anni non hanno combinato nulla, è la replica a chi oggi li giudica inadeguati (e non parliamo dell’opposizione): “…dopo la sistemazione di salita Marzio Piccirilli… la sistemazione della pavimentazione a Piazza Condotto e a Piazza Canalicchio… non mancheranno altri interventi, peraltro estesi su tutto il territorio comunale…”. Embè? E le giostrine nuove (e già vandalizzate)? Le panchine colorate? Le telecamere (che non funzionano)? L’illuminazione pubblica a basso consumo? La segnaletica stradale e cartellonistica in stile? Le scuole? Le strade interpoderali? Gli eventi? I convegni? I turisti? La macchina pulitrice per le strade…? Solo sceneggiate e controsceneggiate, chiacchiere e controchiacchiere. Demagogia alla pummarola, pulcinellismo e triccheballacche. Un rutilare assunzioni, promesse, annunci contributi. In pratica, la prova provata che in questi tre anni non sono esistiti. Cosa che, fra l’altro, i cittadini di Guardia sospettavano già quando per tre anni di fila cercavano in ufficio il sindaco dopo le 10. E il problema “Arco di Trionfo” della Portella? Embè?: “è colpa di quelli di prima”, “no è colpa dei proprietari”, “no è stato il cambiamento climatico”, lo scaricabarile non è assurdo solo perché in un paese così foderato di incuria nessuno avrebbe evitato il crollo. Ma anche e soprattutto perché, a parte qualche rara eccezione, tutte le amministrazioni hanno condiviso la stessa folle incultura nel non saper gestire le criticità del paese. Una serie di gestioni senza capo né coda, una grande cloaca dove entrano ed escono solo le peggiori azioni, opere mal fatte, che disgustano sotto l’aspetto estetico, o morale, sociale, senza uno straccio di idea o di progetto che non sia la marchetta per questo o quel portatore di voti.
No, l’attuale amministrazione, non è responsabile del crollo alla Portella, ma dei prossimi. Perciò questa alluvione di chiacchiere e pretesti postata sui social e sulla stampa in questi mesi, suona vuota e falsa. E così, con due battute fra una tazzulella ‘e cafè, un Quid e una cittadinanza onoraria, si risparmiano il fastidio di spiegare ai guardiesi cosa intendono realmente fare di questo paese e i motivi delle loro manchevolezze in questi tre anni. E presto o tardi chi ieri li ha votati concluderà che tanto valeva tenersi quelli di prima. E la speranza di cambiamento ancora frustrata diventerà un boomerang: la prova dell’irredimibilità del sistema politico guardiese. E tutto pur di non occuparsi della realtà guardiese: per esempio, del malcontento che serpeggia nel paese e soprattutto nell’intero mondo agricolo. Oggi una larga fetta dell’economia di Guardia proviene dall’agricoltura, soprattutto vitivinicola. A poco a poco si è assistito ad una progressiva valorizzazione dei vini e quindi dei terreni, in parte dovuto a un seppur tenue ricambio generazionale. Benché nessuno ne parli, tuttavia, negli ultimi anni l’effetto si è affievolito e si è assistito a un progressivo abbandono dell’agricoltura (voluto in primis dai genitori dei ragazzi che auspicano per i figli mestieri meno faticosi, più puliti e socialmente apprezzati) anche a causa dei prezzi delle uve mai adeguati al rincaro costante dei prodotti per la coltivazione (fino a non coprire nemmeno le spese annuali).
Embè? Colpa della globalizzazione, mica dell’amministrazione.