Io ce l’ho qualche anno sul groppone, e li sento tutti, ma lo squallore e il vuoto che vedo oggi per le strade di Guardia non li avevo mai visti, a certi sprofondi non c’eravamo mai arrivati. Se questo è progredire, forse era meglio la clava. E se questo è il cambiamento, parliamone.
Dispiace dirlo, il degrado, la mancanza di progettualità, e il perdurare di una lunga sonnolenza, è una vergogna che colpisce tutti noi guardiesi. Qualcuno potrà obbiettare: ma con chi ce l’hai di preciso? Amministrare Guardia non è facile per nessuno. Ma non è detto che si debba farlo per forza.
Da anni seguo con crescente interesse le vicende indecorose della politica guardiese. Me ne occupo ormai con cadenza quasi giornaliera, più per non perdere d’occhio il presente, che vedo sempre più assente, almeno in politica. Non mi piace affatto il perdurare della sua lunga sonnolenza, che pensavo limitata nel tempo come tutti i cambiamenti (o presunti tali), e trovo sempre più detestabile la torsione indolente della “squadra” che oggi guida la comunità. Quel che vedo è che si è voluto mantenere tutto come prima. Vediamo sempre il solito copione, senza alternative e la pseudo-politica rinnegare il cambiamento per accucciarsi compatta, opposizione inclusa, all’ombra del Padrone. E dopo tizio? Un altro tizio. E dopo caio? Un altro caio. E dopo sempronio? Un altro sempronio. Si procede replicando, sempre lo stesso o un suo facsimile. Questo è! Ma la cosa più preoccupante è la risposta della gente, e non riguarda singole persone, ritenute da loro insostituibili. Ma il fatto che non prevede altro che replicare l’esistente, senza possibilità di deviazione. In questa comunità siamo scivolati senza che ce ne siamo accorti nel regno del conforme e dell’uniforme; e non è solo la soppressione di qualsiasi opposizione, del diverso parere, dell’alternativa, dell’altro lato delle cose ma anche della possibilità di vedere e agire altrimenti.
Stiamo vivendo questa fase, anzi abbiamo intrapreso questa china, e la cosa peggiore è che la stiamo vivendo con disinvolta routine, senza porci nemmeno il problema, accettando tutto con automatismo, che è il peggiore dei fatalismi perché estirpa alla radice anche solo l’ipotesi di vedere le cose in altro modo.
Di questo passo Guardia non potrà mai essere laboratorio di soluzioni per renderla più vivibile e contrastarne lo spopolamento. Perché è destinata a svuotarsi. Perché è gestita da gente che odia Guardia. Vuole venderla, chiuderla. E con premura urbanocentrica, razzistica, vorrebbe allontanare le persone che vi abitano e resistono. Una soluzione finale, un etnocidio nel nome della presunta felicità. Gente che odia Guardia e racconta favole bugiarde. La fa evaporare con sguardi retorici e fasulli. Gente che scrive e parla di Guardia, solo perché è di moda, perché si va sui giornali e sui social e perché ha interessi nascosti e palesi, ma non fa assolutamente nulla per renderla attrattiva, perché non sa realmente cosa significhi abitarci quotidianamente, non sa di chi cerca di tenerla in vita contro ogni tendenza necrofila o una inquietante eutanasia. Gente permalosa, egocentrica, formata alla scuola del Grillo (inteso come Marchese), che da adolescente si portava via il pallone, che oramai vive soltanto nel culto della personalità. Gente permalosa che pretende di ottenere solo vantaggi e quando è necessario operare una scelta e spesso la scelta di un’opzione esclude l’altra, recita il proverbio: “Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca”. In pratica a Guardia per una vita sana e spensierata bisogna essere almeno egocentrici e astemi.
L’altro giorno sentivo i discorsi di due ragazzi e alla domanda: “Cosa fare?”. Diretti come fanno i giovani d’oggi uno di loro ha risposto così: “Sto mettendo da parte i soldi perché voglio scappare prima possibile da questo paese e da questa terra”. Sono rimasto impietrito, incapace di una risposta, io che a Guardia sono ritornato. Ho sentito come se mi avessero dato un pugno nello stomaco, un ceffone, un colpo di frusta. Ero incredulo, frastornato, perché non mi aspettavo una risposta del genere, così sferzante da colpire ed affondare la mia coscienza in un mare di rimorsi, di sensi di colpa. Ma come si fa a vent’anni a maledire il proprio paese al punto da voler scappare? Come si può vivere il senso della fuga, in maniera così intensa e ad ogni costo, senza sapere dove andare, cosa fare, ma solo a fuggire, mi sono chiesto. Sono queste le domande che dovrebbe farsi la politica in questo paese, dopo essersi prima vergognata. Sono queste le domande che dovrebbe farsi chi ha qualche responsabilità in questo paese, ma anche darsi delle risposte però, se il cervello non è andato in pappa del tutto. Altrimenti le domande non servono a niente. Invece la domanda in cima ad ogni discorso da bar è ancora quale poster di politico guardiese hai nel tuo studio. E guai se non ripeti tutto quel che loro ripetono ogni giorno, allora sei dalla parte sbagliata. E se non hai i titoli per parlare, è un’aggravante. Che cazzo significa? In questo paese serve una patente per esprimere le proprie idee senza essere etichettati? E rilasciata da chi, poi? È la tua storia, la tua idea che parla di te, sono le parole che dici, ed è il seguito che dai a quelle parole che definisce quello che vali. Non il contrario. Non bastano trecento preferenze di parenti e amici per possedere la conoscenza o pretendere di avere la verità, così come non bastano mille titoli per meritarsi credibilità e rispetto. Eppure. Eppure (e chiudo questo commento, altrimenti potrei andare avanti per ore), sono tanti a Guardia che non la pensano come loro, ma è anche la prova che alcune idee – per rendere più vivibile e contrastarne lo spopolamento – sono credibili, perfino inattaccabili, e se attecchissero presso l’opinione pubblica guardiese potrebbero far vacillare il muro eretto a difesa di questa politica.
Foto tratta dal web