Tra realtà da non vedere, verità da tacere, falsità da ingoiare, rassegnazioni pubbliche e private, finzioni per sopravvivere e per non compromettersi, impossibilità di cambiare gli eventi per mancanza di coraggio e volontà di sfuggire i problemi, non affrontare le questioni più spinose che toccano più da vicino o più in profondo i cittadini, in pochi decenni a Guardia Sanframondi siamo diventati struzzi. Viviamo da struzzi. E come gli struzzi ficchiamo la testa nella sabbia per non vedere. Nella Bibbia (Libro di Giobbe) si narra che Dio ha negato allo struzzo la saggezza e non gli ha dato in sorte il discernimento. Infatti lo struzzo non sa distinguere tra un mangime o un sassolino, becca e ingoia tutto.
Già da qualche anno agiamo e ci comportiamo come gli struzzi. Non abbiamo più spirito critico, e di fronte alle situazioni di pericolo fuggiamo o ci rassegnano, e come chi ci governa, ci buttiamo per terra per passare inosservati o ingurgitiamo e digeriamo ogni cosa. Stiamo parlando di noi sotto le mentite piume dello struzzo. Lo struzzo è l’archetipo per mascherare la nostra identità e fuggire dalle responsabilità e dall’affrontare le situazioni. Qualcuno scrive: “Occorre fare una serena riflessione su cosa e non su chi ci sta portando Guardia sull’orlo di uno sfacelo… da soli non si va da nessuna parte e che solo l’unione di un popolo coeso, possa riportarci in carreggiata…”. Con quali soggetti? Se da decenni sono sempre gli stessi. E con la loro totale assenza di visione ci hanno portato ad essere ormai una comunità dormitorio. No, è anche grazie a loro che la nostra partecipazione alle politiche pubbliche è pari a zero. Se oggi viviamo i giorni dello struzzo, non vogliamo affrontare la realtà che non ci piace, e preferiamo sottrarci, non vedere. Se siamo struzzi nella sfera pubblica come in quella privata. Se nessun processo decisionale inclusivo, che aiuti chi amministra a comprendere i bisogni a cui rispondere e a compiere scelte migliori, è fatto grazie al contributo dei destinatari. E sappiamo bene che per essere tale, un percorso partecipativo deve affrontare le questioni in una chiave propositiva, senza limitarsi a registrare le preferenze su opzioni definite a priori. Una vera partecipazione genera un confronto aperto a tutti gli interessi, anche quelli dei singoli cittadini e, diversamente da quanto avviene nei consigli comunali di Guardia, favorisce lo scambio e il reciproco apprendimento tra i partecipanti. Come verranno destinati i fondi del PNRR? E la partecipazione? E il coinvolgimento dei cittadini, delle associazioni, dei comitati di partecipazione nel processo di definizione degli investimenti? Non pervenuti! Però c’hanno informati in consiglio comunale, anzi hanno reso una informativa (la parola usata, da loro) su Facebook. A parte che a me il termine informativa, richiama altro, di altri contesti, ma vorrei capire se ora la partecipazione si fa con le informative su Facebook.
Siamo struzzi perché se dissentiamo non lo diciamo (o lo diciamo solo al bar); siamo struzzi in tema economico e sociale, perché non vogliamo parlarne più, per tutto il resto c’è Vinalia; siamo struzzi sul dilettantismo di alcuni amministratori e sul malessere sociale, perché abbiamo esaurito le alternative e non sappiamo più cosa dire. Facciamo poi gli struzzi per non dire veramente cosa pensiamo, perché ci asteniamo dal dire le cose che vediamo nella realtà, sapendo che non possiamo dire quel che realmente pensiamo da sempre. Scappiamo, schiacciati a tappetino, infiliamo la testa nella sabbia, ingoiamo pure i sassi, ma non diciamo, non facciamo, non pensiamo quel che realmente ci verrebbe voglia di fare di dire e di pensare; è il nostro manuale delle buone maniere, ovvero il catechismo di servilismo e omertà che inconsapevolmente ci viene impartito. Non cittadini di questa comunità ma struzzi. Non vogliamo vedere per quieto vivere, per comodità e per egoismo; per non turbare la nostra pace o per farci gli affari nostri. Quante volte il nostro lasciar fare, l’occhio che chiudiamo o a volte tutti e due, non nascono da indulgenza, dal rispetto altrui, ma solo perché è più spinoso, più difficile, più pesante dire, affrontare la realtà, assumersi una responsabilità. Facciamo gli struzzi perché a Guardia, è stupido e inutile negarlo, siamo perdutamente individualisti, pensiamo solo a stare meglio noi. E quando dico che diventiamo ogni giorno di più struzzi non uso il plurale a caso, lo faccio perché includo pure me stesso. Anche noi facciamo gli struzzi per non stare sempre in guerra col mondo, per farci piacere anche quel che non ci piace, perché non vogliamo essere sempre contro. E facciamo finta di non vedere, di non capire; non diciamo tutto quel che pensiamo, in apparenza per non ferire, per non dispiacere; ma in realtà perché costa molto di più impegnarsi a modificare le cose, ci vuole pazienza, capacità di reggere agli urti, di ascoltare e farsi ascoltare, assumersi un ruolo. E allora facciamo gli struzzi. Lo facciamo per tirare a campare, un po’ per stanchezza e persuasione di sconfitta, un po’ per umanissima viltà.
Quanto potrà durare questa gara degli struzzi? Questa è la vera domanda che ci dobbiamo porre. Per quanto tempo possiamo far finta di non vedere, di non capire, di non dissentire? O tireremo fuori la testa dalla sabbia quando Guardia è già precipitata nel burrone, quando sarà ormai troppo tardi e avrà poco senso recriminare oppure obbiettare? Intanto registriamo quest’altra mutazione antropologica (dopo i guardiesi coccioloni), anzi zoologica, magari poco comprensibile, ma di cui non andare certo orgogliosi.