Caro Sindaco, mi rivolgo a lei con la perfetta consapevolezza che sarà come scrivere sull’acqua, ma pazienza. Ecco, non è che io possa dire di essere un cittadino modello, però i fondamentali ce l’ho. Non infrango le leggi, non rubo, non giro armato e non uccido nessuno, per dire. Non sono un violento, non farei e non vorrei mai il male di nessuno. In linea di massima attraverso sulle strisce (se ci sono). I mozziconi di sigaretta non li butto per terra (quasi mai). Ovviamente non imbratto muri, non parcheggio mai in doppia in fila, né, e questo è il minimo, al posto riservato agli invalidi. Io chiedo sempre per favore, e mi scuso se in macchina faccio manovre azzardate. Quelle piccole cose che volente o nolente sono entrate a far parte dei gesti quotidiani. Insomma le basi. Come tale, come cittadino modello intendo, ho rispetto per il Primo cittadino del mio paese. È un rispetto dovuto, lo stesso che ho nei confronti di qualsiasi altro essere vivente. Ma è un rispetto formale, più di dovere che di cuore (o d’amicizia). Perché la sua nobile figura dovrebbe rappresentarmi, ma invece non lo fa. E non l’ha fatto.

Che lei sia il più panziano tra i viventi in questo paese, l’ho detto e scritto in tempi non sospetti. Il suo atteggiamento non proprio genuino affinché venissero mandati a casa quelli che c’erano prima (tra cui, ricordiamolo, lei stesso) e si affidasse il paese al “cambiamento” non ha rappresentato i cittadini come me, che quel “cambiamento” lo aveva sostenuto e difeso.

Però adesso vorrei chiederle se è ancora convinto che candidarsi alla carica di sindaco di questa comunità sia stata a suo tempo la cosa giusta da fare e che lorsignori e lorsignore chiamati a miracol mostrare insieme a lei fossero davvero i migliori a cui affidare le sorti di questo sciagurato paese.

Vorrei sapere da lei se il totale immobilismo in atto non la preoccupi, se la scarsa produttività dell’ente che rappresenta sempre più innegabile non la spaventi, se tutte le promesse mancate dal ballatoio di piazza Castello non le tolgano il sonno, e se la scadenza dell’estate del 2024 non la terrorizzi almeno un po’. E vorrei anche sapere se questo declino guardiese le sembri la miglior prospettiva possibile per i nostri nipoti. Se ritenga davvero, insomma, che questo paese si stia avviando, sotto la guida del suo presunto salvatore, verso i nuovi traguardi di benessere e giustizia sociale che credo siano nelle sue speranze come in quelle di tutti noi, o non stia invece regredendo verso livelli di squilibrio sociali ed economici mai toccati prima.

Vede, io non ho alcun dubbio che lei sia una brava persona, contrariamente a qualche altro che l’ha preceduta in quella carica, ma per essere il sindaco di tutti serve altro e ho come la brutta sensazione, di certo sbagliata, che lei sia lontano dai bisogni delle persone, troppo ancorato agli stucchi beneventani, chiuso dentro una realtà parallela da dove quella vera appare offuscata. Troppo ingessato e compresso nel suo ruolo istituzionale, da ritenere di non esprimersi nemmeno di fronte al malcontento dei suoi concittadini e alle vergogne più inaudite, se non con le solite, fredde banali e scontate, dichiarazioni di circostanza.

Lei ha qualche anno meno di me, che ne ho parecchi, e ho capito che la vecchiaia porta con sé un vantaggio enorme: la libertà di essere sé stessi, di esprimere il proprio pensiero serenamente, senza timori ne’ calcoli di convenienza, di provare ogni volta a battere le ali per intraprendere un nuovo volo senza paura di sfracellarsi al suolo, fosse anche solo per alzarsi un attimo da terra. Per me è più facile. Forse perché mi sono fatto bastare il mio piccolo mondo, lontano dal paese, senza subire mai i ricatti di nessuno e trattando tutti con la stessa moneta di rabbia e dolcezza. Senza mai avere grandi ambizioni, se non quelle di un paese migliore per tutti.

Capisco che per chi vive pubblicamente, per esempio in politica, e faccia della sua carriera il fulcro principale della propria vita questo sia più difficile. Ci sarà sempre da mediare, da concordare, forse da subire, e questo significa rinunciare a parte di sé stessi, tarparsi le ali da soli. Ma ormai lei è da tre anni in cima alla piramide guardiese, nel punto più alto. Riferimento, simbolo e guida di un’intera Comunità. Adesso da lassù potrebbe finalmente volare – e magari planare dalle parti di via Parallela -, essere quello che vuole essere fino in fondo, dire tutto quello che pensa. Ma evidentemente quel freno a mano del suv panziano non riesce a sganciarlo nemmeno adesso, o forse la sua natura è solo questa.

Con rispetto, quello di cui parlavo prima.