Tutto comincia da una persona che ha fatto ritorno a casa, abbracciato i famigliari, salutato i vicini, raccontando ai colleghi di lavoro il soggiorno in Oriente. Dieci o dodici giorni più tardi si è ammalato. “Mi sono beccato un brutto raffreddore” avrebbe detto. Con i suoi starnuti ha infettato parenti, amici e colleghi. I sintomi sono peggiorati e i medici hanno diagnosticato un’influenza: si sono resi conto che si trattava di qualcosa di ben peggiore di un’influenza solo quando i loro pazienti si sono aggravati. A mano a mano che la mortale infezione si diffondeva rapidamente in strada e di città in città, la classe medica ha iniziato a capire cosa aveva davanti, ma a quel punto è stato troppo tardi. Un mese dopo dalle camere mortuarie degli ospedali cominciano ad uscire cadaveri e la prima reazione è far finta di non vederli. Chi governa e chi vive nelle varie città cerca in principio di nasconderli. La scienza e la politica non riescono a mettersi d’accordo, perché ognuno ritiene che il problema sia dell’altro. Tutti si sentono sotto assedio. Non c’è risposta. I governi continuano infatti a discutere su quello che bisogna fare, rinviando ogni decisione di settimana in settimana. Fino a quando non ci sarà più tempo. I cadaveri poi smettono di venire fuori, perché sta accadendo qualcosa di ancora più inatteso. I morti non escono dagli ospedali, ma spuntano a migliaia di migliaia in ogni angolo del continente, una pandemia.
Credo che mai, nella storia moderna della umanità e della medicina, si sia parlato per così tanto tempo di una malattia che, affliggendo gli uomini, ha poi determinato un gravissimo squilibrio sia sociale che economico. Dalla famosa spagnola all’Aids, non hanno mai tanto allarmato e disorientato così larghi settori della popolazione a tutte le latitudini, come sta facendo oggi il Covid. Si fa strada da più parti l’idea che “con questo virus pandemico occorra conviverci, proteggersi e curarsi per anni e anni continuando a praticare le usuali attività”. Più o meno ogni dieci anni un’epidemia di influenza uccide intorno alle venticinquemila persone solo in Italia. Nel 1918 l’influenza fece più vittime della Prima guerra mondiale. Nel 2002 tre milioni di persone sono morte di Aids, che è causato dal virus dell’immunodeficienza umana. E i virus sono causa del dieci per cento dei tumori. Prima dell’Aids, il killer numero uno era il vaiolo, finché uno scienziato di nome Edward Jenner introdusse la vaccinazione antivaiolosa nel 1796. Ora il vaiolo è scomparso. Allo stesso modo la poliomielite è stata debellata. I virus sono una realtà, ma non dobbiamo accettarli passivamente. Gli scienziati possono sconfiggere i virus. La società moderna, quella che sopporta l’urto e le complicanze umane determinate del morbo, ha gli strumenti ed i farmaci, la conoscenza e l’organizzazione su scala mondiale per fronteggiare una calamità sanitaria senza creare grandi ed epocali scompensi. Almeno così credevamo. Con il tempo, sconfiggeremo l’influenza, l’Aids e persino il cancro… dicono. Nel frattempo, l’orizzonte è una depressione economica di cui neppure riusciamo a immaginare le ferite e i confini. È novembre. È quasi Natale. Il virus ha fatto del Vecchio continente un deserto. Un’unica strategia: “Comprare tempo”. I capi dei governi europei sono ancora una volta collegati in videoconferenza per decidere cosa fare. Tutti concordano che serve una risposta comune. Tutti si dicono consapevoli che senza un piano di salvataggio la Ue è morta. I soldi, sostengono, si trovano, ci sono. Bisogna solo trovare il modo di farli arrivare a chi lavora, chi produce, a chi non ha nulla e a chi ha perso quello che aveva. È qui, a questo punto, che tutto si blocca. Nessun accordo. Ognuno pensa alla sua isola. L’Europa resta un’astrazione. C’è un gruppo di Paesi che non vuole garantire i debiti per gli altri. Non si fida. Non si fida particolarmente dell’Italia, perché da anni e anni hanno chiesto agli italiani di rientrare dal suo mega debito pubblico e non solo non lo ha fatto, ma continua a spendere. Allora, dicono, noi ci mettiamo faccia e portafogli solo a determinate condizioni. La prima è che se non pagate i debiti ci pensiamo noi a trovare il modo di farveli pagare. Amministriamo noi tutto quello che avete. Il ballo della sfiducia non trova soluzioni. Allora non resta che aspettare. Frattanto tutto è chiuso, tutto è fermo. Che fare? Nulla.