Mi accingo all’impresa più difficile che si possa compiere al momento a Guardia Sanframondi: l’apologia di Raffaele Di Lonardo, l’unico che riesca a mettere d’accordo nell’unanime svilimento quasi una intera comunità. Ma cosa ha fatto di male questa povera creatura da meritare così vasta avversione? Persino i suoi presunti avversari di oggi sotto sotto lo detestano, compreso Floriano. In fondo, Raffaele Di Lonardo a suo modo è rimasto coerente. È stato alleato con tutti, è stato all’amministrazione con tutti, ha diviso con loro il pane e il companatico per trent’anni. Non c’è un consigliere o ex consigliere, che possa dire: non sono mai stato con lui al Comune, alla Provincia, alla Bocciofila. Se cerchiamo un simbolo di continuità nella nostra istituzione Comune, uno al di sopra, in mezzo e al di sotto delle parti, lo troviamo in lui, mica in Floriano. Di Lonardo ha fatto coppia con tutti. Cinque anni fa era dato come candidato sindaco da ambo i versanti, un caso miracoloso di bilocazione che nemmeno Padre Pio… Alla fine s’è buttato con Floriano ma appena è arrivato lui sono scappati via tutti gli altri. Raffaele divide Guardia più della Peronospora, e non lo dico io, lo dicono (sottovoce, ma non troppo) centinaia e centinaia di cittadini potenziali elettori. Perché allora la candidatura polimorfa del paleo-mastelliano? Qualcuno azzarda a dire che è la cerniera giusta tra Floriano e la Cantina. È un ponte, suggerisce qualcun altro. Forse sono vere entrambe le versioni, prima però suggerirei di eliminare definitivamente dalla politica guardiese l’inutile fardello rappresentato dal moralismo ipocrita. Qualcosa di malsano se chi non fa del tutto parte di questo plotone di sfaccendati se ne tiene lontano, e se i giovani lasciano e il vecchio ceto politico e affarista, che oggi torna alla carica alla sua settima vita come i gatti e i sovrani taumaturghi, raddoppia. Cosa c’è di strano, quindi, in questa sorta di connubio estivo rappresentato dalle candidature di Di Lonardo da una parte e Sebastianelli nell’altra, se non il richiamo alla frase celebre e assai fraintesa del capolavoro di Tomasi di Lampedusa: “Bisogna che tutto cambi perché tutto resti come prima”. Ma cos’ha di così respingente il povero Di Lonardo? Se in questi anni ha avuto credito non è colpa sua, tantomeno merito suo, ma dei cittadini guardiesi. E se per qualcuno è diventato il Modello del Voltagabbana non è colpa sua. Ha solo applicato alla lettera la legge principale della politica guardiese, detta in gergo scientifico Paraculismo, e in tutti questi anni ha capito perfettamente quali sono le reali motivazioni che muovono la politica: galleggiare ad ogni costo. Per questo dico, lasciate stare Raffaele, non sparate sul Pianista. È innocente. Tutto quel che ha fatto è solo l’effetto, la sintesi, il compendio del nostro attuale presepe politico. Raffaele Di Lonardo è soltanto un campioncino della politica guardiese.
Ora finché si scherza va bene. Ma capite in che situazione è oggi Guardia, alla vigilia della presentazione delle liste, in che manine rischia di finire, questa Guardia giustamente disgustata dalla corsa al ribasso della politica paesana, dal familismo e dall’incapacità, dal bipolarismo tra impresentabili e improponibili, dal panzismo e dai suoi succedanei? Forza Raffaele, sei tutti loro.