Guardia Sanframondi: “L’ultimo stadio. Il bacio della pantofola?”

Provate a guardare con distacco a quel che sta succedendo in questi giorni di vigilia elettorale a Guardia: persone, interi gruppi, che fino a ieri si disprezzavano pubblicamente si incontrano sul nulla, cioè sull’eredità di Floriano Panza e danno luogo – seppur non apertamente – a un rovesciamento totale di appartenenze e di valutazioni. Non è una critica mossa alle persone, per carità, ma un richiamo alla storia. Lasciamo da parte i giudizi soliti che si sentono in questi giorni, cosa suscita disgusto? Due cose, anzi tre. Innanzitutto, è la quarta volta che Floriano Panza si accinge – direttamente o indirettamente – ad andare al governo della comunità, senza peraltro aver mai lasciato il potere. Una volta può accadere, due magari con qualche forzatura si può capire, ma se accade sistematicamente vuol dire che la politica a Guardia è una cupola che non può essere rimossa dal potere. Poi c’è il raccapriccio nel vedere che la forza che dovrebbe essere alternativa al gruppo-sistema, il gruppo-apparato guidato da Panza, abbia scelto un democristiano duttile e multitasking come Raffaele Di Lonardo a farsi rappresentare. C’è qualcosa che non torna. Non credo sia così, ma se così fosse, qual è il punto in comune che unisce i promessi sposi? Da entrambi le parti, infatti, non c’è un orizzonte di programma condiviso con la popolazione, non c’è un punto essenziale. Quel è il collante? L’intento di mettere fuori gioco un eventuale terzo incomodo? Qual è il giudizio, tanto per fare un esempio, in merito alle perplessità avanzate da Amedeo Ceniccola su iniziative autoreferenziali quali il riconoscimento Unesco, un carrozzone, come dice lo stesso Ceniccola – e che mi trova assolutamente d’accordo, avendolo portato all’attenzione in tempi non sospetti -, che farebbe solo danni ai viticoltori del nostro territorio (a tal proposito, chiedere ai produttori del prosecco), assoggettandoli a ulteriori vincoli e regole non sempre comprensibili?

Superate queste e tante tante altre riserve contingenti, c’è uno spettacolo di fondo che avvilisce e indigna al tempo stesso, qualora lo scenario sopra descritto si verificasse. È la riedizione, se vogliamo a un gradino ancora più basso, della storica miseria della classe politica-dirigente e di potere a Guardia. Una classe dirigente arraffona, abile a sfruttare al volo qualsiasi occasione propizia per ottenere un utile a loro detrimento. Che prescinde dal giudizio del popolo; pronta a ogni compromesso pur di restare aggrappata a quel piano. Un tempo avevo rispetto per chi rappresentava questa comunità, per chi nutriva ideali e passioni di giustizia sociale. Ma che considerazione si può avere di questa roba qui, dei loro moventi, delle loro scelte, dei loro anatemi e dei loro compromessi? È questo l’eterno tradimento della classe politica-dirigente e di potere a Guardia, che spiega il servilismo di parte della popolazione come stile e come sottomissione al potente; e poi l’antico, pezzente trasformismo di alcuni personaggi per restare a galla, l’astuzia di barcamenarsi e tirare sul prezzo, la perdita di ogni residua dignità. Questa è la miseria politica degli ultimi giorni a Guardia, che non mi piace e che nessuno ammette. Eccola – se mai ci sarà – l’alleanza dei Quaquaraquà. Con dieci anni di panzismo eravamo al penultimo stadio, ora siamo allo stadio finale. Il classico bacio della pantofola?

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