Ho visto per cinque minuti cinque (dietro le transenne) l’Evento Principe, l’Autobiografia di una Classe Politica, il Compendio di Guardia. Dico il concerto del rapper Moreno a Guardia Sanframondi. Cinque minuti non bastano per recensire una serata; questa non è dunque né una recensione né una critica al giovane rapper. Non è nemmeno una polemica con chi questo Evento lo ha pensato, con chi lo ha organizzato e chi lo ha diretto. Perché Eventi così non li fa nessuno, si formano da soli, come i buchi neri, l’eclissi e gli uragani. No, questa è una polemica metafisica, trascendentale, una denuncia contro Ignoti. Perché è un caso unico di polluzione spontanea di un’intera classe politica. Un coagulo di insolenza, sfrontatezza, e tanta vanità. Un evento virale da cui è tenuta lontana persino la Guardia che non ci piace. La Guardia chic, la Guardia ottusa e furbetta. Un evento virale che per una sera ha fermato persino virus e batteri. Ho visto in cinque minuti il concentrato di una Classe Politica (in uscita, forse) minchiona, le sue falsità e le sue volgarità, i meriti e le colpe capovolti, l’imbecillità al potere e la malafede al comando. Piazza Mercato è diventata un luogo topico dell’autobiografia di una comunità e di chi ancora oggi la governa. Possono marcire tradizioni antiche e più consolidate, possiamo perfino scoprire che Guardia se ne frega dei propri figli allo sbando. Ma le piccole abitudini, i piccoli appuntamenti leggeri, le strategie politiche demagogiche, i Panem et circenses, quelle restano.
Non sarò io a compiere il reato di vilipendio (io che l’ho subito) nei confronti di Eventi e Manifestazioni perlomeno inopportune (causa Covid) che si tengono o si terranno a Guardia o il peccato di blasfemia di bestemmiare il giovane rapping e i suoi demiurghi. Dio me ne scampi. È l’esagerazione che spaventa, il primato del Leggero e del Finto sull’Autentico e sull’Importante. Questo paese non può continuare a essere la copia fessa della sua Classe Politica, la sua appendice e la sua scimmia.
Allora ti stropicci gli occhi e dici: ma in che razza di paese vivo, in un luna park di eterni bambini o di maturi imbecilli? Non c’è nulla di male che ci piaccia o no la musica, le chiacchiere e persino le isole pedonali. Ma c’è qualcosa di patologico se la nostra identità collettiva, il nostro sentirsi guardiese, è praticamente affidato solo a quello, alle passeggiate lungo il corso, alle vecchie canzoni dell’Anta Club, ai balli tradizionali di Guardia Bella, alle sagre e alle mangiatoie; ovvero a tutto quello che somministra il Padrone Unico. Tra qualche settimana si vota. Svegliamoci, pupe e puponi compaesani, la vita è anche a Guardia.