Ho creduto per giorni che il nemico dell’Italia e degli italiani, della salute, della libertà e dell’economia fosse il coronavirus, oggi invece comprendo che i nemici veri di questo Paese sono altri. Sono i virologhi, quello stuolo infinito di esperti strapagati cui si circonda il Governo, un vero e proprio comitato di salute pubblica, un album Panini delle scienze. personaggi divenuti tali, non per meriti accademici eccelsi, bensì grazie alla pubblicità ricevuta in favore dalle frequenti comparsate televisive. Prediletti della stampa, tutto dipende da loro, decidono loro. Sono quegli italiani in fondo soddisfatti di oziare fra le pareti domestiche, di ricevere cazziatoni, minacce di chiudere ancora di più, di non aprire neanche per Natale. Quasi appagati di seguire una cavillosa normativa governativa, regionale, comunale, condominiale che non tiene conto che è assolutamente inattuabile nel concreto, se non confidando nella buona volontà delle persone: buona volontà, però, che può estendersi solo fino al punto in cui rispettare tutte le regole previste non diventi impossibile. È l’informazione. Molte truppe cammellate, dall’una e dall’altra parte. Che del resto assomigliano ai loro lettori, cioè a noi. C’è anche molta informazione di servizio, questo sì, inevitabilmente avara sui dettagli ma anche su questioni più importanti, metti le app di tracciamento. Volontarie, ok. Ma spiegassero come funzionano: io mi registro, e un giorno segnalo che ho il Covid-19. Il telefonino avverte chiunque mi sfiori che ha sfiorato il Covid-19. A parte che mi immagino gli sguardi indagatori tutto attorno, dov’è lo sconosciuto nella folla, che cosa faccio? Ho il diritto al tampone, come un bonus? E se io contagiato, per evitare multe e per disprezzo civico non mi segnalo? Forse sono io che non capisco, o forse il diritto alla privacy è inconciliabile con la tracciabilità. Viviamo tutti all’interno di una bolla mediatica. Emblematica la scelta di Canale 5 di trasmettere in prima serata Contagion di Steven Soderbergh, che predicendo in pratica il coronavirus ha fatto letteralmente impazzire i telespettatori italiani sui social, in un diluvio di commenti tra l’ironico e l’inquietato. E infine c’è la politica. Sono quei personaggi in cerca d’autore, malati di visibilità, capaci di fare di ogni occasione una campagna elettorale, persino di strumentalizzare il dolore, strumentalizzare i propri figli, e addirittura i morti. In questo senso la sfida al ridicolo ha raggiunto vette irraggiungibili per chiunque. Renzi l’altro giorno è arrivato perfino a dire quello che i morti di Bergamo e Brescia si augurerebbero. Che cosa ne sarebbe di loro senza la pandemia? E mentre la politica dà il peggio di sé, il premier, detestato da larga parte della cosiddetta “informazione” e colpevole non si sa bene di cosa – a meno che il virus non l’abbia inventato lui -, ringrazia il popolo, lo invita a non provare rabbia e ha il coraggio di “chiedere scusa” per i ritardi della burocrazia. Per questa Italia burocratica e lenta costruita proprio da chi oggi critica burocrazia e lentezza. Si può fare di più e meglio? Sì certo, è ovvio. Sì può non essere d’accordo con tutto quel che fa e che dice, ma sono convinto che questo presidente del consiglio è la cosa migliore che ci poteva capitare. In tutto questo meno male che si respira un’aria di piccola liberazione. Nonostante la mascherina si comincia a sentire l’odore acre della libertà, non è finita del tutto, ma si inizia a ricominciare. Da lunedì le strade e i marciapiedi saranno più rumorosi, e il silenzio apparterrà alle serrande ancora chiuse, e non sai quante si alzeranno e si illumineranno ancora. Sarà un paese semichiuso, o semiaperto, fate voi. Perché ci affacceremo alla porta di casa come in quelle giornate incerte se mi porto l’ombrello o no, e il meteo è diverso da regione a regione. Il virus ci ha spaventati, la scienza (e la politica) ci ha giustiziati. Non vi è dubbio che speriamo tutti in una resurrezione imminente. Eppure la prudenza ci impone di pazientare: se sono rose fioriranno, altrimenti saranno altri guai che vorremmo risparmiarci. Abbiamo avuto molto tempo vuoto. Fin troppo, da vertigine. Ma anche il solo constatarlo ci aiuta a far sì che non sia il tempo a governare le nostre vite frettolose, dopo.