Mancano cinquantotto giorni all’election day del 4 marzo, ma è già possibile delineare un quadro ben preciso degli schieramenti in campo. Archiviata la pausa riflessione delle feste, i partiti si attrezzano per mettere a punto le linee guida della campagna elettorale. A cominciare da candidature, liste, collegi uninominali: le proposte cominciano ad affluire. Insieme ai fondi necessari per portare avanti il disegno elettorale. A versarli chi sarà? I candidati stessi. Dimenticate le selezioni fatte sulla base delle capacità, delle attitudini politiche, delle competenze e, magari, della giovane età: sarà il portafoglio a dire chi è in e chi è out. Così, scrivono diversi quotidiani, che ciascun nome che volesse comparire nelle liste o nei collegi dovrà elargire tra i 30 e i 40 mila euro. Da destra a sinistra, passando per i 5Stelle si scorgono nomi che provengono dalla cosiddetta società civile (talvolta incivile), sembra un po’ il casting del Grande Fratello. Li vedi dappertutto: nei salotti televisivi e nelle terrazze romane, a piedi, in treno, in mezzo alla gggente, che dicono di voler scendere in campo per restituire la vista ai ciechi, le case ai terremotati e la salute ai lebbrosi. A strillare contro i “populisti” che hanno il brutto vizio di essere popolari. Volti e nomi del passato. Non c’è schieramento che non annoveri al suo interno un ex democristiano. A distanza di venticinque anni dalla sua fine, la Balena bianca, continua a dominare la scena pubblica. Forse dovremmo domandarci perché la politica non attrae più i migliori. Tutto è paralizzato tra veti incrociati e promesse miracolose. È tutto un allarme, un’esagerazione: dal terrore grillino di un milione e mezzo di persone che vivono di politica ai mali di stagione, dalla neve e alla pioggia, fino ai gol nel calcio. Si vive di iperboli. Emma Bonino teme che dopo cinquant’anni e la scomparsa di Pannella la sua esistenza politica si sia talmente consumata da aver bisogno di un seggio parlamentare per sopravvivere! Il centrodestra e i Cinquestelle prossimi ad andare all’incasso e il solito Pd, sempre più incapace di interpretare e intercettare i movimenti del Paese e specializzato nel trovarsi sempre dalla parte opposta al popolo, che non ha niente da dire perché non ha nessuno che pensi, rifletta, elabori, discuta. Molto meglio improvvisare, vivere alla giornata, navigare a vista, anzi a svista. La campagna elettorale è appena cominciata e già le scemenze fioccano. L’ultima ideona di Matteo Renzi, il Pischello della Provvidenza, è quella di abolire il canone Rai, che lo stesso, peraltro, aveva reso più che obbligatorio, inserendolo nella bolletta della luce. Ma questo non è governare. È semplice caccia al voto. Si resta, comunque, un po’ sconsolati. L’Italia ha un problema gigantesco, il suo immenso debito pubblico, ma su come ridurlo nessuno fa proposte. Anzi, tutti lanciano idee per aumentarlo ancora di più. E poi, gas, luce e autostrade dal 1° gennaio stangata da 900 euro a famiglia: altro che sacchetti biodegradabili. Sui quali è meglio stenderci sopra un velo non biodegradabile, in quanto la norma è stata inserita di soppiatto in una legge – il decreto Mezzogiorno – che come dice lo stesso titolo non c’entra nulla con l’ambiente.
Diciamocelo chiaro e tondo, il problema vero di questo Paese non è dato dai sacchetti bio, ma dalla mancanza di lavoro. Meriti, capacità e carriere non contano. Tutto avviene così, per sortilegio. Il merito non vale. Al punto che il gruppo guidato da Antonio Iavarone, uno dei più celebri “cervelli” nostrani fuggiti all’estero, e del quale fanno parte molti italiani, come Anna Lasorella, Stefano Pagnotta e Luciano Garofano e Luigi Cerulo, che lavorano fra la Columbia University di New York e l’università del Sannio a Benevento, “regala” alla Columbia il “generatore di energia” dei tumori, il motore molecolare che li alimenta e dal quale i tumori dipendono per avere una continua “ricarica”. Il Paese è sprofondato in un pozzo nero di sprechi, malaffari, clientele e burocrazie: e nei due mesi che ci separano dalle elezioni capiremo chi siamo noi italiani, cosa vogliamo diventare e quali speranze abbiamo per il futuro. Se, pur con tutti i nostri difetti, abbiamo qualche possibilità di salvarci (come era sembrato un anno fa dopo la vittoria dei No al referendum costituzionale) o siamo invece condannati definitivamente a coincidere con tutti i peggiori luoghi comuni che ci perseguitano da secoli.