Vedevo l’altra sera la Presidenta della Camera Laura Boldrini esaminata dal Reggente del Pd, Fabio Fazio, nel suo programma “Che Pd che fa”. A sentirla e vederla così avvilita capivi che viviamo uno stato d’eccezione. Mai era capitato che un solo Partito occupasse tutte le cariche di uno Stato. Neanche ai tempi del fascismo perché Mussolini doveva pur vedersela col Re; piccolo, ma c’era. Il Pd è al potere, e nonostante ciò, dalle parole della Boldrini, si intuisce che si sentono emarginati, all’opposizione, raggirati e indignati. Chiedono il Monocolore, vogliono esportare il Modello “Che Pd che fa” in tutti i gangli delle istituzioni. È la sindrome di un modo di pensare che si sente prigioniero, esiliato, all’opposizione anche quando è al potere e occupa tutto, pur senza i voti necessari. La politica è in dileguamento, destra e sinistra non ci sono più, appaiono sparite ma sussiste quella cappa asfissiante, un guscio vuoto di idee e valori. Anche se non passa giorno che sui media nazionali non si senta parlare di destra e di sinistra. Che non si accosti un certo personaggio politico alla destra piuttosto che alla sinistra. Penso che non ci sia persona con un minimo di sale in zucca che non comprenda che alle parole non corrispondono reali differenze, come del resto aveva già cantato argutamente Giorgio Gaber. Ascoltavo la Boldrini e pensavo alla mia comunità, Guardia Sanframondi. Al Pensiero Unico che da sempre ammorba le nostre vite. L’egemonia del Pensiero Unico che ha creato a Guardia un deserto e l’ha chiamato cultura. Ha dissolto concetti, valori e modelli positivi lasciando la nostra società in balia del conformismo e della volgarità. D’altronde si sa, nelle piccole come nelle grandi realtà comunitarie, la conquista del consenso politico e sociale passa attraverso la conquista culturale della società. Accade nel nostro Paese, dai grandi mezzi di comunicazione come la Rai ai media in cui prevale l’evasione. E accade a Guardia, dove quell’egemonia si è fatta pervasiva, conquista linguaggi e profili, raggiunge la scuola, il mondo dell’associazionismo, pervade gli usi e le tradizioni, la religione, impregna eventi come i Riti Settennali di Penitenza, i social, i media e le redazioni dei giornali locali. Oggi l’egemonia culturale del Pensiero Unico consiste in una mentalità dominante che eredita dal passato la pretesa di Verità Ineluttabile. Il “radical chic” del Pensiero Unico pensa al prossimo soltanto se viene da lontano. Pretende di essere superiore moralmente agli altri in quanto altruista verso lo sconosciuto e lo straniero. Ma la solidarietà astratta dimentica chi è vicino. Montanelli parlando all’epoca della Sinistra disse che loro amano molto i poveri, tanto che ogni volta che vanno al potere ne creano di nuovi. Parole sante! Una mentalità che s’è fatta codice ideologico e galateo sociale, noto come politicamente corretto, intolleranza permissiva e bigottismo progressista. Chi ne è fuori deve sentirsi in torto, deve giustificarsi, viene considerato fuori posto e fuori tempo, ridotto a residuo del passato o anomalia patologica. D’accordo, tutto ciò è un prodotto della democrazia. Ma cosa ha prodotto questa egemonia culturale cosa ha prodotto in termini di opere e di intelligenze per questa comunità, che impronta ha lasciato sulla cultura, la società e i singoli? Ho difficoltà a ricordare opere davvero memorabili e significative. L’egemonia culturale del Pensiero Unico non ha interesse a veicolare idee, valori e modelli positivi. Anzi, è riuscita a dissolvere una ridente comunità, a deprimere ed emarginare culture antagoniste e non è riuscita a generare niente di nuovo. Il risultato di questa desertificazione è che oggi a Guardia non ci sono idee, promotori che siano modelli di riferimento, punti di partenza e fonti di nascita e rinascita. L’egemonia culturale del Pensiero Unico ha funzionato come dissoluzione, non come soluzione.