La resa dell’intelligenza. Non c’è più dialettica, protesta. La politica, in questo paese, oscilla tra allineamento e subordinazione: non c’è conflitto sui temi politici e sociali, non c’è ammutinamento all’interno della società civile o insubordinazione alla classe dirigente egemone. Non si fronteggiano visioni politiche ma solo una fedeltà a priori. Ma l’assenza più deprimente di dialettica in questo paese riguarda il dibattito civile e la cultura. Non trovate più una discussione su temi di fondo o letture critiche del presente, non affiora una divergenza sul piano delle idee, non c’è più una polemica culturale, nessun dialogo sui valori. Chi prova ad avviare un dibattito grida nel deserto. Non si discute, non si critica, non si tenta di capire. L’intelligenza si atrofizza o finisce ai margini, nel pensiero laterale, confinata agli estremi della semi-clandestinità. A Guardia si vive tra Capo e coda, senza capire quel che sta nel mezzo. Nessuno dei problemi veri che vive Guardia sfiora realmente il Sindaco e la Giunta. In compenso ci si preoccupa di occupare ulteriori poltrone. Già, perché se c’è un uomo che è un ingordo collezionista di poltrone e incarichi (poltrone tutte decisamente “comode”), quello è il sindaco di Guardia. Agenda fitta la sua, non c’è che dire. Un uomo soddisfatto di sé. Un demagogo di seconda mano. Il brillante surrogato di un primo cittadino vero, la protesi smagliante di quel che ci vorrebbe a Guardia. Una maschera. Un’esibizione continua. Ha mimato alla perfezione un nuovo risorgimento, ha simulato la rinascita guardiese, come fanno i bambini quando giocano a imitare i grandi. Punta a sollevare il morale dei cittadini, lanciando coriandoli e stelle filanti, annunciando cannonate e sparando cerbottane. Ogni giorno una nuova visione che rimbalza tra Guardia e il Mondo. Anche se sarà soltanto un fuoco d’artificio di trucchi e speranze. L’importante è raccattare consensi. Come chiamare tutto questo, se non disfatta dell’intelligenza.