L’opposizione che non c’è: Guardia e l’era panziana

Quella dell’opposizione a Guardia, tema sollevato nella nota di ieri, non è un problema, è “Il problema”. In 23 anni di potere panziano il dissenso è stato asfaltato; gli unici valori che sono passati nel senso comune della comunità sono stati quelli del profitto personale e della ineluttabilità di far parte di un determinato apparato di protezione, pena l’irrilevanza sociale, politica e personale. Soprattutto negli ultimi anni si è creata a Guardia una “egemonia culturale” che ha reso larga parte della comunità subalterna, connivente e acquiescente. È raro vedere altrove gente che ha paura di esprimere liberamente il proprio pensiero come a Guardia, anche nelle pieghe minimali delle attività civili e tra persone di tutti gli ambienti. Si assiste soltanto a lamentele qualunquiste e generiche anche rancorose ma che si concludono sempre nella frase fatidica: non c’è alternativa. Il che vuol dire confessare la propria impotenza. E qualche sparuto oppositore viene bersagliato da attacchi concentrici fino all’annientamento. È raro vedere altrove la squadra che deve gestire con efficienza la cosa pubblica, sostituita con un gruppo di mercenari, yes man addestrati a ubbidire in cambio di nomine e prebende. Insomma, un “sistema” camuffato da democrazia progressista. La questione per Guardia è essenzialmente culturale e di “emancipazione”. E un’opposizione robusta può nascere e crescere solo se la comunità riuscirà a svincolarsi “culturalmente” dalla sudditanza a questo sistema di valori. Se sarà in grado di esprimere un pensiero altro, libero e quindi di opposizione, sulle tante questioni concrete e cruciali che interessano la comunità. Cominciando in primo luogo a ricrearsi essa stessa come classe dirigente, guardando alla comunità non solo come coacervo di interessi da pilotare in proprio favore, ma ampliando l’orizzonte su cui fondare un’azione politica che cerchi di andare oltre la riduzione della politica a parlantina comiziale, conquista di voti e elargizione di posti. Altrove una massa compatta di cittadini che assiste silente, senza mai alzare l’asticella dell’indignazione, susciterebbe ilarità, dileggio e commiserazione mentre qui masse di seguaci corrono ad applaudire il nulla fatto Giunta, Consiglio, Amministrazione. La comunità ha insomma perso il senso di sé, crede che questo sia l’unico modello possibile, svendere la propria memoria storica, ricostruire palazzi antichi, rilastricare stradine, appropriarsi di meriti altrui, arricchirsi e arraffare posti. Quando oggi il sindaco Panza si atteggia a ultima spiaggia per questa comunità, fa ridere: morto un sindaco se ne fa sempre un altro. Ma, senza un’alternativa seria, l’altro sarà sempre uguale al predecessore. I cittadini guardiesi ci pensino. E ci pensi soprattutto la minoranza che forse non se n’è accorta, ma è all’opposizione. Se non vuol farla, la faccia fare a qualcun altro.

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