Guardia Sanframondi: la sconfortante miseria di una comunità che non conosce vie di mezzo tra la santificazione e la cancellazione, che non sa trattare i protagonisti del suo tempo in chiaroscuro ma che reputa blasfema ogni critica al Santo Padrino come ogni elogio ai Critici Indicibili. Un paese di servi (pochi) che sa solo accodarsi in massa a quel che impone la fabbrica dell’opinione pubblica da bar e che non sa riconoscere la coerenza e distinguerla dalla furberia. E quando prevale la seconda è sempre col potere. Cosa stiamo diventando a Guardia Sanframondi? Quanti in questo paese conservano ancora intatto il loro bozzolo di disprezzo nei confronti del malaffare, del clientelismo, del familismo? Quanti potrebbero fornirne liberamente un dettagliato elenco? Una ragione in più per noi per continuare a scrivere, testimoniare, denunciare… Ci siamo seduti dalla parte del torto perché tutti i posti erano già occupati, scriveva un autore di teatro. Ma ci siamo seduti là sapendo che la verità è eterna fuggiasca dal campo dei seduttori arroganti. Un posto scomodo, ma da qui si gode una vista stupenda… Oggi il disprezzo in questo paese è componente essenziale della stessa attività politica. La società riesce a sublimare il disprezzo e a convogliarlo dentro le regole della conflittualità politica, sociale, mutandolo da cancro in motore. Il disprezzo ha perduto i contenuti storici e le motivazioni ideali ma sopravvive virulento nelle forme del livore, dell’astio, fino a sconfinare dall’insofferenza nell’indifferenza. Il disprezzo ha smesso di essere ideologico per farsi ad personam: si disprezza l’uomo e non in quanto si rappresentano idee divergenti o categorie avverse. Si dirà: no, per carità, ci mancherebbe, che brutta cosa, che pessima idea… Si dirà, ma mica è vero. Si dirà che la nostra mente è forse annebbiata da qualcuno che avrebbe già diagnosticato per noi una sindrome livorosa, oltre a un incontenibile protagonismo narcisistico dell’Io. Si dirà che nella vita sociale e politica, una certa quantità di disprezzo nei confronti del potere è necessaria, non essendo chi si occupa di cosa pubblica, disgraziatamente, né Santo né il Salvatore, anzi spesso è situato appena appena dalle parti del limite della decenza. Si dirà: niente di nuovo sotto il sole. Ma che ci possiamo fare? Se non sopportiamo più la degenerazione clientelare e il malaffare che svolazza in questa comunità? Oggi a Guardia l’avversario politico che ti disprezza ti può dare molto: identità, ragione sociale, terreno di lotta. E il disprezzo che uno sente riversarsi addosso produce, assieme, naturale sgomento e adrenalina. Però una cosa è indubbia: il disprezzo che si è intravisto in questi ultimi anni, e il disprezzo ricambiato, ha reso più nitidi forme e colori, ha finito col rendere smaglianti le figure. Pare disdicevole, ma sostanzialmente non dispiace essere decentemente disprezzati da coloro che mai verranno dalla nostra parte.