All’inizio era “sagra”: parliamo di 23 anni fa, prima versione di una manifestazione che si proponeva di raccontare la specificità dell’economia guardiese. Poi la kermesse cresce, e i protagonisti aumentano, si rinforzano, tutti accomunati da quella voglia di crescere, migliorarsi. Più nel male che nel bene. Perché tra i meandri di una comunità inceppata e inefficiente oggi si è persa anche Vinalia, manifestazione che ha fatto da modello a tante proposte e che ormai langue, nell’indifferenza della politica, priva di idee e di stimoli.
E così, mentre si celebra l’ennesimo successo in termine di presenze, Guardia si avvia a fronteggiare gli ultimi scampoli di un’estate anomala, senza il conforto della piazza, della musica, della “ubriacatura”.
Una comunità che ritorna in letargo. Tutto in letargo, tutto in sonno. Ma per Guardia non c’è solo la beffa delle risorse mancanti e della cassa vuota della politica, il marchio del declino impresso alla comunità dall’amministrazione Panza che taglia le gambe, oltre le risorse, a qualsiasi iniziativa di chi la fa fuori dal vaso. Il fatto è che la kermesse guardiese da anni non svolge più la funzione per cui era nata: diffondere leggerezza, desiderio di fruire degli spazi cittadini, riscoperta dell’aspetto culturale dei nostri antenati, promozione delle eccellenze del territorio. Oggi è una manifestazione sempre più sotto tono e che stancamente replica se stessa.
Chi la inventò, agli inizi degli anni novanta, dandogli il nome Vinalia, rifacendosi alle festività romane celebrate in onore di Giove e Venere, la pensò come un’occasione per riappropriarsi di una cultura, di un centro storico che, cuore pulsante della comunità cittadina, era e doveva essere di tutti. Concetti che il tempo ha disintegrato: oggi Vinalia non attira più come un tempo, è considerata una moda sopravvissuta a se stessa e snobbata dai veri appassionati riluttanti a farsi catturare nel gorgo della rumorosa vivacità. La fotografia dell’insoddisfazione dei frequentatori è restituita dalle opinioni: specchio di una delusione crescente. Vinalia, ormai ridotta ad allegra parata lungo l’acciottolato del centro storico ricolmi di residui di varia natura è, probabilmente, già archiviata nella memoria dei cittadini.
Eppure Vinalia nacque proprio per sospendere la sensazione crepuscolare che si respira in questo paese, per colorare Guardia e assicurarle almeno una dose di freschezza e di energia. E nel 2016, al netto dell’encomiabile impegno dei volontari, l’occasione è stata nuovamente perduta. Perché è diventata una manifestazione elitaria e non più popolare, per pochi intimi, rinchiusi sul castello insieme ai loro chef stellati. Mentre l’ammasso vaga inebriato e sperduto seguendo il ritmo della musica. Perché nonostante l’enorme afflusso di visitatori, si continua a parlare di soldi pubblici, di finanziamenti mancati o non richiesti. E non di strategie.
A Guardia il problema più grosso (evidentemente, non solo di Guardia, ma del nostro tempo) è che – al netto di ogni generalizzazione – qualsiasi evento culturale, qualsiasi manifestazione non può prescindere dal finanziamento pubblico. Siamo talmente abituati ai soldi pubblici, che siamo cresciuti quasi sempre con il culo al caldo e che, anche nei tanti casi in cui le chiappe ce le avevamo al fresco, non abbiamo fatto nulla per tentare quella dinamica di crescita culturale tanto necessaria a questa comunità. Altrove nel periodo estivo c’è “Festivaletteratura”, c’è “Caffeina”, c’è la “Versiliana”, c’è “Una montagna di libri”, c’è il “Festival della mente”, quello della Comunicazione, quello della filosofia, quello della fotografia, ecc…ecc….
E a Guardia? A Guardia c’è Sannio Tattoo (una tradizione di origine scozzese).
È proprio vero! Guardia è una comunità a cui la crescita culturale dei propri abitanti non interessa a nessuno, che non ha nessun senso del rischio, del mutamento, niente. Senza soldi pubblici non si muove foglia. Come è possibile che chi ha la capacità di rischiare, la voglia di sacrificarsi per far crescere culturalmente questo paese debba essere puntualmente osteggiato, deriso, abbattuto moralmente ed economicamente. Conformismo, banalità, provincialità, ne ho piene le palle: smettiamola. Per la nostra amministrazione la cultura è un sacrilegio, lo sappiamo benissimo, ma noi abbiamo perso completamente la capacità, non dico di combatterla, di sovvertire questa tendenza.
C’è chi in passato ci ha provato, come chi scrive. Certo, ma mi si dice che non sono stato capace di costituire un fronte comune, né di coinvolgere altre realtà associative. Ma chi lo dice non dice la verità, dice ciò che vuole vendere. Non esiste l’altra verità, ma quella interessa a pochi.
Chiudo con una domanda: ma almeno, in fondo in fondo a quello straccio di coscienza, chi ancora continua a negare tutto ciò, si vergogna un po’ oppure no?