La libertà c’è, ci mancherebbe, ma il fatto vero è che tante sono a Guardia Sanframondi le cose che non si possono scrivere. E di cui non si può parlare. La vera intimidazione si consuma nel tacito patto di non toccare certe questioni, ben più importanti dell’interesse dei media statunitensi per il borgo guardiese, come per esempio conoscere i retroscena della cosiddetta inchiesta 10% per essere poi marchiati come “complottisti”, o nel volere conoscere quanto paghiamo ogni anno di spese legali, o perché si continuano a spendere migliaia e migliaia di euro per opere inutili e non si completano (dopo ben due edizioni dei Riti) 100 metri di strada, o raccontare le magagne dell’amministrazione ed essere bollati “disfattisti”, di non volere il “bene di Guardia”, o – succede anche questo – già solo nominando “Panza”, diventare addirittura “irriconoscente”. Parlarne si può – al bar -, è nello scrivere tutto il problema.