Beati coloro che hanno tante certezze, che pensano di risolvere tutti i problemi dell’umanità appiccicando alle loro teorie l’etichetta “politically correct”.
Sulla legge sulle Unioni civili ci sono diverse considerazioni da fare. La prima, la più importante, è che sarebbe stata meglio una limpida battaglia sul “matrimonio” da estendere agli omosessuali, una consultazione referendaria, una contesa chiara, fuori e dentro il Parlamento, senza arabeschi, più giusta nei confronti dell’opinione pubblica e forse anche più coraggiosa, onesta; la seconda, è che mi sembra la solita grande distrazione elettoralistica da parte di Renzi e del Parlamento rispetto ai veri problemi del paese reale, dell’Italia, che è altra cosa: creare posti di lavoro, dare sicurezza sociale, ristabilire il welfare, combattere la corruzione e il malaffare e tutte quelle altre cose di cui non sentiamo più parlare nei telegiornali.
Ma davvero pensate che la soluzione sia annientare definitivamente la famiglia tradizionale per sostituirla con madri surrogate, uteri in affitto, adozioni incrociate? D’accordo, chi giustifica la legge va dicendo che ci sono migliaia di donne che vanno all’estero, fanno una fecondazione assistita con un donatore sconosciuto e tornano in Italia con un figlio. Donne che, a volte, non hanno un compagno o marito ma una compagna. Esistono già. E non è che con la stepchild adoption (che fa figo usare l’inglese e nessuno capisce bene di che si tratta) smetteranno di esistere.
A me dispiace che i gay non possano, o meglio non vogliano, soddisfare il loro egoismo esteriore procreando naturalmente, non ho nulla contro di loro, posso provare simpatia, empatia, comprensione per il loro desiderio di paternità, posso capire che vogliano crescere insieme, con pari diritti, un bambino che sentano figlio di entrambi e non discuto sull’amore che gli darebbero, ma non è questo il punto. La differenza tra un bravo genitore ed uno pessimo non è data solo dall’amore, non basta affatto, né tanto meno dai diritti riconosciuti per legge. È un delicatissimo equilibrio tra diversi egoismi che ha, e deve avere, un solo valido risultato: lo sviluppo psicofisico ottimale del bambino. L’unico che abbia diritti da tutelare. Assecondare solo alcuni egoismi dei genitori senza preoccuparsi di quali conseguenze ciò possa avere per il bambino, questo sì che è politicamente sbagliato. In più mi permetto di osservare che non può essere un caso, che in qualsiasi parte del mondo, in ogni epoca e civiltà, primitiva o evoluta, anche tra genti che non avevano mai avuto contatti tra loro, la famiglia naturale sia la cellula base della società.
Già me li immagino i politicamente corretti, i benpensanti che inorridiscono di fronte a questa banale verità, quelli che considerano il matrimonio un mero formalismo imposto dalla religione. Ma quale religione? Se tutte, le più diverse tra loro, lo prevedono, vuol dire che la famiglia basata su di esso prescinde dalla religione. E ora, come se nulla fosse, un governo e un gruppo di parlamentari non eletti da nessuno ha la presunzione di stravolgere tutto a colpi di commi di legge, senza preoccuparsi delle conseguenze? E, tra l’altro, in una maniera estremamente subdola perché non ha neppure il coraggio di farlo in modo palese.
Abbiate pazienza, ma io proprio non me la sento di fregarmene allegramente del principio di precauzione quando si tratta di bambini, né di usarli come cavie perché nessuno ha ancora dimostrato scientificamente che l’adozione da parte di una coppia omossessuale non avrà ripercussioni sul suo equilibrio psicofisico e sul suo benessere.
Per questo il 30 gennaio sarò a Roma. In piazza contro il ddl Cirinnà e in particolare la stepchild adoption. Insieme a quel “movimento di popolo che nasce in aperta contrapposizione tra realtà e istituzioni, tra un popolo in cammino e alcuni modelli ideologici piovuti dall’alto e attraverso una potente macchina mass-mediatica viene fatto passare per vero tutto ciò che da loro viene somministrato e per falso, antistorico e bestiale tutto ciò che vi si oppone, quando sappiamo bene che la natura e la storia millenaria dei popoli sta dall’altra parte”. (cit. Veneziani)