Strana l’atmosfera politica, sociale e civile di Guardia. Mentre da una parte ci sono giudizi più distesi sul successo effimero dell’amministrazione comunale, rispetto a tanti indicatori di trasformazione e attrattività della comunità, dall’altra c’è perplessità sulla politica di cambiamento, giudicata fin qui troppo accondiscendente. Quasi fosse disconnessa con la comunità.
È chiaro, le ultime elezioni non hanno prodotto ciò che Guardia si aspettava, hanno gettato soltanto un sassolino nell’acqua: dove però si è finalmente svelata quella finta contrapposizione che tra il 2001 e il 2013 si è agitata per poi coalizzarsi alla luce del sole con chi da sempre riteneva di essere responsabile della mancanza di quel cambiamento e di alternanza. Qualcuno dice anche che, per prima, è la società civile guardiese, quella dei giovani – che paiono stare alla finestra -, quella dei capannelli nei locali pubblici dove si sussurra solo che bisogna andar via da Guardia, che sta troppo ferma, rimproverata di essere non propriamente appassionata agli “affari pubblici”, ma di produrre solo una buona carrettata di candidati ad ogni tornata elettorale. A questi guardiesi, indifferenti, probabilmente stanchi di un palcoscenico occupato da decenni sempre dallo stesso regista e dagli stessi attori, che occorre rivolgere innanzitutto un appello a vivere intensamente Guardia per cambiarla, rinunciando al Limbo autoindulgente “tra il chi me lo fa fare e il non mi interessa”. Allora mi chiedo: perché ciò ancora non avviene? Quando oggi l’unica certezza che abbiamo è che Guardia è una comunità dove vige al posto della meritocrazia la parentocrazia, e dove il merito finisce nel cesso e quella sostanza sale alla parte alta del paese?
Ho ripensato a quanto già scritto nei giorni scorsi. Ho ripensato alla sciocca pretesa di questa amministrazione, cioè che occorre mettere in evidenza il bello del nostro territorio, la sua peculiarità, e non le cose brutte, che la bellezza salverà Guardia. Ci vuole ben altro, e non bastano certo questi provincialotti che compongono l’amministrazione, preoccupati solo di far vedere il pavimento lustro e le maestranze che tolgono le ragnatele col piumino, dove, come si dice, passa il prete: ci vuole energia per difendere la bellezza di questa comunità, da sola non basta.
Sappiamo chi vogliamo cacciare, dal Palazzo o dalla storia di questa comunità, ciò nonostante non riusciamo ancora a vedere chi come cosa con chi, rifare Guardia. Eppure siamo in tanti che vorremmo curarci di lei, nel modo a noi consono. Guardia come visione, non come selfie. Cerchiamoci, troviamoci, riuniamoci.
O devo pensare che a Guardia siamo diventati tutti “panziani”?