Chi segue queste pagine sa con quale trasporto seguiamo alcuni personaggi della vita politica di Guardia Sanframondi nella loro resistibile ascesa politica, inconcludente: non per loro evidentemente ma per il cittadino elettore, vittima inconsapevole di una malattia genetica degenerativa che non ha cura. I nomi non servono. Sappiamo tutti chi sono. Tutta gente arricchita e talentuosa e furbacchiona, che ama il lusso e i ribaltoni inseguendo l’eterna ricompensa. Radical chic con la puzza sotto il naso. Un giorno stanno con Tizio, un altro litigano con Caio. Oggi guardano a Sempronio e domani chissà. La loro maschera è generalmente un sorriso assai accorto e denso di promesse. Con tale espressione li si è visti all’opera in tutti questi anni. Hic et nunc, sospesi nel tempo, alla faccia del paese dei “paesani”. Sono loro i veri nemici di Guardia, i veri detrattori di Guardia. Pesi morti per un suo eventuale rilancio. Loro che considerano Guardia luogo di arretratezza, da svuotare e di cui accelerare la fine. E che, in fondo, sotto sotto, ne praticherebbero volentieri l’eutanasia. D’altro canto Guardia non è più quel luogo mitico pacificato, puro, incontaminato del passato. Il paese oggi è un paese astorico, dove puoi trovare solo sacralità, lentezza, ma anche vita sana. E l’idea di trasformare quel che resta di questo mondo in un “paese-merce” in cui le case valgono pochi euro e la memoria vale zero a questa gente appare una soluzione. Forse è anche per questo che in questa comunità occorre tornare alla politica. Individuare un filo di coerenza, almeno di vaga discontinuità con il passato. Uscire da un fermo-immagine che ha trascinato questa comunità nel baratro dell’irrilevanza, della diffidenza; uscire dal vecchio trasformismo, da quella permanente metamorfosi che spinge siffatti personaggi a cambiare di continuo aspetto, costumi, linguaggio, pur di strappare l’attenzione del cittadino elettore. Uscire dall’eterno presente e assoluto di cui costoro sono gli esemplari più completi e impudenti, prodotti della società del like, delle convenienze e delle necessità dei cittadini, delle disillusioni, delle cecità e un po’ anche delle allucinazioni. Si perdoni qui il tortuoso procedere oracolare, con tanto di smargiasse citazioni, ma la verità di siffatti personaggi, la condizione che garantisce loro la sopravvivenza socio-politica da oltre un trentennio giustifica in fondo anche questo traballante articolo. Ma le chiacchiere stanno a zero, occorre al più presto generare una plausibile alternativa al loro nulla: o noi o loro. Noi che abbiamo sempre pensato che dietro la loro enfasi di facciata si nascondessero in realtà interessi molto meno nobili e soprattutto privati. E avevamo ragione, anche se avremmo preferito sbagliarci. Ci è testimone il tempo che li ha visti in tutti questi anni, mano nella mano, accomodarsi nelle loro poltroncine ben retribuite, oppure alla guida di una comunità che pretendevano di rappresentare. Piccolo e insignificante ente antipasto per le loro piccole grandi ambizioni, per il loro orizzonte: che è sempre stato piatto. Loro che non ci hanno nemmeno provato ad allungare il collo per seguirlo l’orizzonte e provare almeno a scorgere cosa ci fosse dall’altra parte. Volevano solo vincere, per essere più forti degli altri, per il potere, per il tenore della loro vita, o anche solo per avercelo più lungo. Ma con chi o come gli è sempre importato poco. Tutta gente che vuole solo vincere e comandare per il gusto di farlo e basta, il resto non conta niente. Una banda di yesman che dei problemi del paese e delle persone non sanno un cazzo di niente. Tutta gente che si sposta al di là del bene e del male, lungo un orizzonte in cui tutto si combina con il contrario di tutto, in bilico fra la meraviglia del possibile e il baratro dell’insignificanza. Nondimeno un uomo (o una donna) dovrebbe avere altre ambizioni, ben più nobili di quella del consenso, dei numeri e del potere fine a sé stesso. Perfino il semplice gaudente giovane politico nel suo eccessivo dimenarsi su Facebook dovrebbe averle. Anche lui vittima invece di un’ambizione narcisistica fuori scala. E chi se ne frega se per fare politica dovrà accettare di essere gestito da semplici sbruffoni, che alla prima occasione rottameranno proprio lui tanto sono sicuri del suo rincoglionimento e della sua servitù.
Vabbè, inutile infierire: per una volta…
Raffaele tu sai quanto io ti stimi e più delle volte sono d’ accordo con te. Ma il tuo amare incondizionatamente questo paese sta diventando accanimento terapeutico. Lascialo morire in pace.
Con stima
Silvio Vulpius Capocefalo
Caro Silvio, ma prima della tumulazione almeno un processo glielo vogliamo fare?
Ricambio la stima
Ho letto l’articolo e comprendo la frustrazione per una politica locale che spesso appare distante dalle esigenze reali dei cittadini. Tuttavia, dipingere chi si impegna come semplice opportunista o gaudente rischia di alimentare divisioni inutili. La politica, pur con i suoi limiti, è fatta di tentativi di miglioramento, e anche chi adotta nuovi stili o strumenti lo fa con l’intenzione di contribuire al bene comune. Invito a un confronto più aperto e propositivo, perché Guardia ha bisogno di dialogo e di una visione unita per affrontare le sfide presenti e future.
Un saluto,
Vincenzo Del Rosso
Questa visione democristianocentrica dove ” mettiamoci tutti insieme e salviamo il paese” non può essere il viatico per un paese che è sull’orlo di un baratro. Non c’è cultura, l’ associazionismo versa in una situazione di beghe personali “Addò tutt quant vuonn sta annanz a tutt a la precessione”. Ragazzini che distruggono la villa comunale e la rendono lercia. E davvero si pensa che con un ” volemose bene” si risolvono i problemi del paese. Manca il senso civico, il bene comune e tanto altro. Io personalmente una spinta per farlo precipitare del tutto ce la darei volentieri. Forse andando davvero a fondo ci potrebbe essere una risalita.
Silvio Capocefalo
La mia visione non è “democristianocentrica”, come la definisci (finiamola con le stronzate ideologiche), ma piuttosto un invito a trovare punti di contatto per affrontare le sfide, senza illusioni facili. Ci sono certamente differenze di opinioni, ma solo attraverso un dialogo costruttivo e proposte concrete si può fare la differenza. Abbiamo nuove energie e progetti, ma invece di incentivarli, spesso ci limitiamo a lamentarci, forse perché è la strada più semplice.
So che hai dato tanto in passato e comprendo la tua frustrazione, quando l’impegno non viene riconosciuto. Credo però che questo sia più un problema culturale che politico del nostro paese. Guardia ha delle potenzialità che non possiamo permetterci di abbandonare. Sta a noi decidere se lasciare che il declino ci travolga o provare a invertire la rotta. E penso che il primo passo per farlo sia proprio un cambiamento culturale, ma certamente non possiamo farlo da soli.
Un saluto,
Con la stima di sempre.
L’ unica cosa che non ho mai fatto in vita mia è lamentarmi. È da troppo tempo che le cure di tutti quelli che hanno detto di voler bene di questo paese si sono rivelate non appropriate tanto da far precipitare Guardia in questo stato comatoso. Voglio chiudere con una citazione di Nanni Moretti ” Che stiamo in un film di Alberto Sordi? Rossi, neri tutti uguali?” Io credo ancora nell’ ideologia, sono un dinosauro, ne sono consapevole. Questa è l’ ultima volta che rispondo. Poi a me non me ne può fregar di meno se questo misero paesello muoia oppure ” mal campa”.
Apprezzo molto la tua franchezza e la passione con cui esprimi il tuo punto di vista. È evidente che tieni alle sorti del paese, anche se il tuo disincanto è papabile. Voglio però chiarire che non intendevo dire che tu ti lamenti, anzi, riconosco la tua esperienza e il contributo che hai dato. Semplicemente, vedo la situazione da una prospettiva diversa.
Dal punto di vista sociologico, il pessimismo e il disincanto, per quanto comprensibili, rischiano di diventare un ostacolo al cambiamento. Essere positivi non significa ignorare i problemi, ma riconoscere che senza un approccio costruttivo è difficile ottenere risultati concreti. Prima della politica ci sono le persone, e se non si parte da un interesse comune e da un dialogo costruttivo, sarà difficile invertire la rotta.
Riguardo all’ideologia, capisco il tuo attaccamento e il tuo orgoglio nel definirti un “dinosauro”. L’ideologia ha il suo peso, ma credo che in questo contesto sia fondamentale concentrarsi su obiettivi pratici che possano essere condivisi da tutti, al di là delle idee personali. Questo non significa che le ideologie non contino, ma che a livello locale, per superare la crisi, serve unione e pragmatismo.
Personalmente, interpreto articoli e commenti come i tuoi come uno stimolo per dare il meglio. Per me, il paese non deve né morire né “mal campare”. La mia speranza è che, nonostante le difficoltà, si possa lavorare insieme per un futuro migliore, anche se non sarà un percorso facile.
Chiudo anche io con una citazione che mi ha fatto riflettere di Sabino Cassese, di pochi giorni fa: “La democrazia la esercitano le minoranze.”
Un saluto,
Sempre con stima