
Stamattina lasciatemi fare un’ulteriore osservazione sulla situazione amministrativa di Guardia. Imbaldanzito dal botta e risposta a mezzo volantino di questi giorni, tra minoranza e maggioranza, il cretino da bar che all’occorrenza cambia nome e faccia, ripete al suo interlocutore la solita filastrocca: questa maggioranza è divisa, non fa nulla, fa solo macelli, è unita solo per mantenersi le poltrone al Comune. Ora, capisco, sei un “tifoso” di quelli che c’erano prima e devi dire queste cose, e comunque avrai le tue buone ragioni per criticare l’azione dell’attuale amministrazione; e poi, l’interlocutore, tifoso della squadra avversaria evidentemente, dice banalità di segno opposto ma pure lui banalità. Par condicio. Ma quel che mi sembra demenziale dalla discussione appena origliata è la conclusione di entrambi: pur di restare al Comune, pur di mantenere le poltrone…
Quello che nessuno dei due parlanti ammette però è che sia l’attuale maggioranza che la minoranza sono sulla scena e sul proscenio della pseudo-politica locale da oltre un trentennio e gestiscono questo paese senza rivali. È la ragione principale del loro ventennale successo ma anche dei problemi di Guardia. Al punto che nessun osservatore di buon senso può oggettivamente pensare che oggi qualcuno al di fuori di questa “cricca” possa costituire una credibile alternativa. La fortuna di questo gruppo di amici deriva proprio da questo contesto, negli improbabili antagonisti che si ritrova; che non sono in grado di mettere in piedi un’alternativa credibile di breve e lungo respiro. La più grande polizza assicurativa per la “cricca” è rappresentata, si sa, da questa mancanza di alternativa. E l’euforia innescata dai volantini è giustificata solo dai guai che ha generato questa maggioranza ma non certo per i risultati che può generare quella che oggi è la minoranza.
Ora, in merito alle dimissioni della maggioranza prima della scadenza dei prossimi Riti richieste dalla minoranza, la domanda è questa, capisco pure la bassa demagogia ma se solo provate a ragionare rispondete: ma si è mai visto a Guardia qualcuno che non voglia conservare sé stesso sullo scranno comunale, non è una legge naturale che voglia restare al comando? Conoscete un cittadino-eletto-guardiese autolesionista, che non sia affetto da egolatria e agisce diversamente o che non ci tenga a restare al Comune? E se volete una controprova pensate alla precedente amministrazione: ma scusate, quando erano al Comune, non facevano di tutto per restare al potere, per tenersi strette le loro poltrone, per accaparrarsi ogni posto di comando? E ora non fanno il diavolo a quattro per tornare a spartirsi proprio quelle poltrone, cioè per riprendersi il potere?
La miseria della politica in questo paese (ma non solo) è che la preoccupazione di mantenere ad ogni costo quelle poltrone comunali passa dalla premessa necessaria di ogni raggruppamento amministrativo a unico orizzonte, unica prospettiva. E qui, davvero, la “cricca” di cui sopra è unita, unanime; al punto che maggioranza e opposizione, pur di non perdere o riprendersi il potere sono pronti a tutto, perfino a fingere di litigare… Controprova che il rimprovero continuo all’attuale amministrazione si applica perfettamente all’opposizione. La differenza è solo che i primi stanno al potere mentre i secondi vorrebbero starci. Banalità così evidente, eppur sempre negata… da entrambi le parti.
E qui torniamo al punto da cui siamo partiti: al di là dei desiderata dell’opposizione, da cittadini di questa comunità è preferibile un’amministrazione che prepari al meglio i Riti o una nuova campagna elettorale il prossimo giugno? Noi ci auguriamo che l’amministrazione attuale, con tutti i suoi limiti, i dissensi che suscita, le difficoltà che non riesce a sormontare, possa continuare ancora qualche mese, ma di certo non portare a termine il proprio mandato. Neanche se nel periodo successivo ai Riti uscisse miracolosamente da questo lungo sonno preliminare ed entrasse in una fase più fattiva e convincente, riuscendo persino ad allargare lo sguardo e ad allungare la vista, fuori dall’affanno dell’”Io so’ io e voi nun sete un c…” e dall’imperativo categorico assoluto di sopravvivere ad ogni costo.